Sla, il professor Nicola Ticozzi: «L’approccio multidisciplinare allunga la vita e la migliora»

Il coordinatore del gruppo di studi della Società italiana di neurologia: sono in fase di sviluppo nuovi farmaci

Il professor Nicola Ticozzi
di Maria Rita Montebelli
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Lunedì 29 Gennaio 2024, 13:59

Le persone con la Sla attendono ancora una cura, ma le ricerche fervono in questo campo e l’Italia ha tanti esperti, come il professor Nicola Ticozzi, dell’Università degli Studi di Milano, Irccs Istituto Auxologico Italiano e coordinatore del gruppo di studio malattie del motoneurone della Società Italiana di Neurologia. Che tipo di patologia è la Sla?

«È una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, le cellule del cervello e del midollo spinale che comandano i movimenti dei muscoli. La morte di queste cellule porta a una progressiva paralisi della muscolatura volontaria che per il paziente significa impossibilità di muoversi, di parlare, deglutire e, nelle ultime fasi, anche di respirare in autonomia».

La Sla è una malattia unica?

«No, esistono diverse forse di Sla, almeno 7-8 diverse, ognuna con una prognosi diversa. La Sla classica ha un’aspettativa di vita di 2-5 anni, le forme “bulbari” hanno una progressione più rapida, mentre la sclerosi laterale primaria può avere una sopravvivenza media superiore a 10-15 anni. La diagnosi di Sla è clinica. Ecco perché è essenziale che il paziente sia valutato da un neurologo esperto. Spesso invece i pazienti vedono 3-4 medici prima di ricevere la diagnosi e sono spesso specialisti di altri settori, come ortopedici, otorinolaringoiatri, fisiatri o neurochirurghi».

In Italia i centri di eccellenza per la Sla sono ben distribuiti?

«Abbiamo un elevato numero di centri Sla, distribuiti in tutta Italia, anche se ci sono aree più scoperte al Centro-Sud.

Nella ricognizione fatta dalla coalizione europea, l’Italia risulta ben posizionata rispetto ad altri stati membri dell’Ue».

Cosa si può fare per migliorare la vita dei pazienti?

«Una presa in carico multidisciplinare allunga in maniera significativa la vita di questi pazienti e ne migliora la qualità. Fornire un’assistenza adeguata può realmente fare la differenza per i pazienti e i caregiver. Per incidere in modo significativo sulla prognosi, attendiamo gli sviluppi delle ricerche sui nuovi farmaci, come quelli per le forme genetiche di Sla, che riguardano il 10- 15% dei nostri pazienti».

Le nuove terapie?

«Si stanno indagando vari approcci di terapia genetica per cercare di correggere queste mutazioni o i loro effetti. Per le mutazioni del gene SOD1 c’è già un farmaco che viene utilizzato in un programma di accesso anticipato. Per quanto riguarda la maggior parte dei pazienti con Sla “sporadica”, senza mutazioni genetiche, sono in sviluppo diversi farmaci che impediscono l’aggregazione della proteina TDP43 all’interno dei motoneuroni, che avviene in tutti i pazienti. Alcuni di questi farmaci sono già in sperimentazione clinica».

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