E in Italia? Dopo aver sperimentato il senso di un’apocalisse irreversibile (“Niente tornerà come prima”), con almeno 40 set bloccati e 70 pellicole finite che attendono di conoscere il loro destino, il cinema comincia a riflettere sul suo futuro. Senza accorgersi che il futuro è già qui. E pure da un pezzo. E così, mentre gli autori si perdono in discussioni di principio sulla sacralità della sala minacciata dalla comodità del salotto, la realtà bussa alla porta dei produttori che nei film di quegli autori hanno investito denaro, presentando il conto: quando le sale riapriranno, in estate o nel primo autunno, non ci sarà spazio, né pubblico, per tutti. E allora? A venire in aiuto dell’industria, permettendo ai film di uscire, ai produttori di incassare, agli autori di raggiungere il pubblico, c’è lo streaming.
E, sorpresa: lo streaming è già pronto alla sfida.
Non una, ma almeno otto piattaforme sono già a disposizione del primo film destinato alle sale e riconvertito per Pasqua al web, la commedia “Un figlio di nome Erasmus” di Alberto Ferrari, apripista di una tendenza che non aspettava altro che di essere inaugurata. Con tutti i rischi del caso, ovviamente: «Siamo i primi, non abbiamo riferimenti, non sappiamo quanto incasseremo – dice Roberto Proia, direttore esecutivo della Eagle – ma se andrà bene sono certo che gli altri ci seguiranno». Al di là del lessico minaccioso con cui viene ancora raccontata dagli addetti ai lavori, tra film “mandati in pasto al web”, come se la rete fosse una specie di predatore votato all’estinzione della celluloide, o esposti nella “vetrina dello streaming”, come se il piccolo schermo fosse una bacheca su cui appoggiare la porcellana per non farla impolverare, la distribuzione digitale dei film è il futuro del cinema post Covid. Non di tutto il cinema, ma di molto cinema – quello che in sala soffrirebbe, e che in salotto, forse, potrebbe avere una seconda possibilità.
Così come la tecnologia potrebbe essere lo strumento che permetterà ai piccoli festival di esistere (come accaduto nei giorni scorsi a Cortinametraggio), agli eventi di compiersi in una dimensione più agile, alle cerimonie di perdere quella teatralità novecentesca aprendosi magari a forme meno polverose di messa in scena. Improvvisa e fatale come un asteroide, la pandemia minaccia il pianeta cinema così come l’abbiamo conosciuto per più di un secolo. Ma per salvarsi dall’impatto una soluzione c’è, ed è quella di cambiare coraggiosamente galassia. A restare fermi, la storia lo insegna, si rischia di fare la fine dei dinosauri.
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