Pio e Amedeo, record di ascolti per Emigratis: «Facciamo i cafoni in tv per educare i giovani»

Pio e Amedeo, record di ascolti per Emigratis: «Facciamo i cafoni in tv per educare i giovani»
di Fiamma Sanò
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 28 Marzo 2018, 08:25

Iniziamo dai risultati. Due giorni fa su Italia 1 la seconda puntata di Emigratis è stata vista in prima serata da quasi 2 milioni 500 mila spettatori (16 per cento di share).
Per i due protagonisti Pio e Amedeo un successo clamoroso. E questo perché Pio D'Antini (si chiama così per il santo di Pietralcina) e Amedeo Grieco, foggiani del 1983, amici da bambini, nati professionalmente a Le Iene, cresciuti con un programma demenziale in cui scroccano in giro per il mondo usando il peggiore cliché dell'italiano all'estero, spaccano il pubblico a metà. Una parte li odia, considerandoli l'aberrante giustificazione alla cafonaggine terrona; l'altra li ama per la loro comica e sfrenata volgarità.

Voi che ne dite?
Amedeo: «Dividere è già un successo. Noi facciamo un gioco particolare, chi lo coglie capisce che interpretiamo le maschere dei cafoni con uno scopo».

Cioè?
Pio: «Essere educativi».

Per favore...
P. «Lo so che detto da noi sembra una bestemmia, ma i giovani non si riconoscono più nella tv. A 13, 18, 20 anni, i momenti più delicati dell'educazione, non stai a sentire chi dice ho tanti amici gay a cui voglio un sacco di bene, e poi non gli tocca neanche il bicchiere».
A. «Adozioni omosessuali, affido dei figli nelle separazioni, disabilità: sono argomenti che un giovane non sta anche a sentire se non glieli poni con il linguaggio che usa tutti i giorni».

E i ragazzi secondi voi non vi fraintendono?
P. «Sono sveglissimi. Si fanno una risata, perché siamo scorretti, e quindi l'attenzione si alza. Con l'ironia abbattiamo le barriere, ed è lì che li fottiamo col messaggio».

Addirittura?
P. «Sì»

Come educherete con Emigratis?
A. «Nella terza puntata portiamo un ragazzo autistico a Las Vegas, per vincere al casinò, come Rain Man. L'autismo è una disabilità importante, e spiegandolo ai Pio e Amedeo del programma, lo spieghiamo a una fetta d'Italia che altrimenti non ascolterebbe né imparerebbe che si può convivere con tante forme di diversità».
P. «Due bestie come noi, stando con lui, hanno pianto».

Bugiardi.
A. «È vero. Io mi emoziono facilmente. Piango quando guardo Federico, mio figlio, che dorme. Dal momento in cui diventi padre, ti sembra di non avere mai capito niente della vita».
P. «L'ultima volta è stato quando mia figlia Chiara mi ha dato il regalo per la festa del papà».

Siete un buon affare: fate tutto da soli. Scrivete, girate, montate
A. «Infatti abbiamo avuto il problema di colmare i 5 minuti finali dei titoli di coda: negli altri programmi sono pieni di persone, noi mettiamo gli annunci delle persone dai social».

Un freno inibitorio ce l'avete?
Am. «Pochi. Siamo quello che abbiamo visto e vissuto nel nostro quartiere, il Cep, alla periferia di Foggia».
P. «Centro Edilizia Popolare. Mia mamma lavorava in Ferrovie e mio padre all'Inps. Il padre di Amedeo è portinaio. Quando facciamo il programma pensiamo sempre a loro. È una follia, noi siamo pagati per divertirci! Quando uno del nostro mestiere mi dice: so' stanco, so' stressato».

Perché milionari come Gianluca Vacchi vi dànno i soldi, nel programma? Senso di colpa?
Amedeo: «Perché li spogliamo con una proporzione matematica: mio padre in un anno guadagna 12.800 euro, tredicesima compresa; tu guadagni 4 milioni? I 10 mila euro che mi dài stanno a 4 milioni come 32 euro stanno a 12.800. Li riporti sulla terra».

E voi quanto guadagnate?
A: «Spalmando su un anno il ricavato di tre mesi di programma, direi come un dentista».
 

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