Il romanzo, il primo edito del «poeta corsaro» Pier Paolo Pasolini, quando comparve nel 1955 diede scandalo con le sue storie di povertà e disperazione, in cui ragazzi nati orfani d’innocenza riversavano per le strade le loro vitalità emarginate. Il Lenzetta, il Riccetto, il Caciotta: ragazzi delle borgate di periferia che parlano in dialetto romanesco e trascorrono le loro giornate alla ricerca di qualche soldo e nuovi passatempi. I «ragazzi» di Pasolini sono personaggi emarginati dalla città normale, degna e patinata. Agguantano la vita a piene mani e la respirano a pieni polmoni, in un universo di fibrillazioni e vitalità anarchiche che è totalmente altro rispetto ai contesti borghesi, ai microcosmi protetti e istituzionali di lavoro o scuola. In questo allestimento, scrive Trevi: «Da una parte ci sono i ragazzi immersi in quello che fanno, e incapaci di vedere oltre alle immediate contingenze che li tengono impegnati. Dall’altro c’è questo straniero che li spia, e che a differenza di loro vede tutto, parla di Roma come se la sorvolasse come un uccello rapace o un drone. Ma non si accontenta di rimanere lassù. E' attratto dal basso, dove brulicano le storie. E in queste storie è sempre presente, perché è lui a farle iniziare, a colmarne le reticenze, a rimetterle in carreggiata quando i loro protagonisti sembrano dimenticarsi di quello che stavano facendo e dicendo». Lo spettacolo è stato registrato nel gennaio 2018 al Teatro Argentina di Roma con la regia televisiva di Marco Odetto.
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