Perugia, non riconosce il figlio ma il Dna lo inchioda: «È lui il papà al 99,9%»

Perugia, non riconosce il figlio ma il Dna lo inchioda: «È lui il papà al 99,9%»
di Enzo Beretta
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Venerdì 23 Febbraio 2024, 08:28 - Ultimo aggiornamento: 08:34
L’esame del Dna è impietoso: «Il dato esprime una probabilità di paternità pari al 99,99999999 % a favore dell’ipotesi di compatibilità genetica riferibile ad un rapporto padre-figlio». A queste conclusioni è giunta la genetista forense Eugenia Carnevali incaricata dal giudice perugino Arianna De Martino di svolgere accertamenti riguardo l’accertamento di una paternità. Tutto nasce da un padre che non riconosce il figlio nato quattro anni fa a Perugia. Il piccolo vive insieme alla mamma che con l’uomo - si legge negli atti giudiziari di parte - ha intrattenuto una relazione durata circa cinque anni. Il piccolo è nato nel 2019 ma prima del parto l’uomo - è scritto nella memoria dell’avvocato Saschia Soli - ha interrotto la relazione con la madre che «in cuor proprio, prima di intraprendere l’azione giudiziaria, ha sempre auspicato una seppur tardiva presa di coscienza da parte del genitore naturale». «Pur non avendo riconosciuto formalmente il minore - prosegue la memoria - l’uomo è perfettamente consapevole di essere il padre e non solo per la riconducibilità dei tratti somatici del piccolo, tanto è vero che l’azione è volta a formalizzare la paternità che, di fatto, non è mai stata negata dall’uomo». Solamente poche settimane fa, il 13 novembre per la precisione, la genetista forense incaricata dal tribunale ha rassegnato le proprie conclusioni: ««Dopo aver effettuato l'elaborazione statistica dei risultati conseguiti si può affermare che l'osservazione dei profili genetici ottenuti dai tre soggetti sottoposti ad analisi è 41.508.925.640 volte più probabile ammettendo l'ipotesi che l'uomo sia il padre biologico del bambino piuttosto che sostenendo l'ipotesi che i due soggetti siano geneticamente non relazionati. Tale dato esprime una probabilità di paternità pari a 99,99999999 % a favore dell'ipotesi di compatibilità genetica riferibile ad ad un rapporto padre-figlio». 
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