Scene di vita di campagna del passato e personaggi dei fumetti come Corto Maltese, il marinaio inventato dal disegnatore Hugo Pratt, impressi nelle pareti dipinte delle case di uno dei “Borghi più belli d’Italia”; storici poderetti rinati ville di lusso e chiesette sconsacrate riadattate a romantiche alcove, ospitati in una tenuta settecentesca con sconfinati filari di vite, oliveti e frutteti; il prototipo di una carrozza del Treno Reale, al centro di un viaggio del gusto indietro nel tempo a bordo di un raffinato vagone-ristorante; ma anche l’hammam con savonage tipico marocchino e delle immersioni nelle vasche Ofuro che, assieme a un’autentica cerimonia del tè tra tatami e pareti “shoji” in carta di riso, catapultano nel Sol Levante, per dei rituali wellness “fusion”. Non mancano le esperienze sorprendenti a Dozza e a Palazzo di Varignana, mete ideali per un unico weekend dalle atmosfere “rural chic” da trascorrere nei Colli bolognesi. Una permanenza che garantisce inoltre un rientro a casa perfettamente rigenerati, grazie ai consigli di una guru della “lifestyle medicine”, la dottoressa Annamaria Acquaviva, esperta guida in percorsi olistici per riappropriarsi del benessere psicofisico in vacanza.
Weekend “rural chic” nei Colli bolognesi: Dozza e Palazzo di Varignana da vedere, da fare e da mangiare
La passeggiata nel museo a cielo aperto di Dozza, borgo medievale dipinto con una Rocca che, da fortificazione duecentesca e poi dimora nobiliare, è oggi sede nei sotterranei dell’Enoteca regionale dell’Emilia Romagna. Ma anche il soggiorno a Palazzo di Varignana, oasi di charme settecentesca con azienda agricola, cantina vitivinicola e pregiati oliveti che danno vita a oli pluripremiati e a rituali wellness a km zero, che sfruttano le proprietà benefiche dei prodotti della tenuta. Infine, la cena dal sapore d’antan a bordo di un’elegante carrozza-ristorante, in precedenza prototipo di uno dei vagoni del Treno Reale poi magistralmente restaurato. Sono speciali e a portata di mano gli appuntamenti con l’arte, il gusto e il benessere che attendono gli avventori nei Colli bolognesi, per un weekend in pieno stile “rural chic” senza percorrere troppi chilometri.
1. A passeggio nel borgo dipinto di Dozza
Il suo centro storico con la caratteristica forma a fuso è divenuto negli anni un vero e proprio museo a cielo aperto, per le tante opere dipinte o scolpite sui muri delle sue case. La medievale Dozza, una cittadella arroccata nel cuore della via Emilia a sud di Bologna, ogni due anni, del resto, si trasforma in un grande atelier “en plein air” per nomi prestigiosi dell’arte contemporanea, che si riuniscono nel borgo per mettersi all’opera in occasione della Biennale d’Arte Contemporanea del “Muro Dipinto”. Una rassegna nata nel 1960 e attesa di nuovo dopo l’estate 2023, che ha lasciato numerosi segni indelebili nel luogo, ma anche nella memoria dei dozziani. Come nel caso della Cantina di vicolo Campeggi, scrigno di tesori legati a una storia iniziata quasi per caso durante la kermesse dell’89. La ricorda Riccardo, che ha ereditato il locale da suo papà Mario: «Mio padre un giorno di quell’anno stava svuotando la sua cantina, quando il pittore di Rimini Italo Paolizzi che si trovava lì fuori a realizzare un dipinto sul muro di fronte, è entrato e gli ha proposto di restare aperto quella sera, ché lo avrebbe raggiunto con i suoi amici pittori della Biennale in corso. Mio papà lo ha accontentato e ha accolto tutti con ciambelle, vino, piadine e salumi. Un gesto apprezzato al punto che i suoi clienti speciali si sono messi a decorare una parete con un’opera a tema Bacco, che ancora è possibile ammirare». Da quel momento in poi, tanti altri artisti negli anni, a fine giornata, si sono rifugiati da Mario per trascorrere dei momenti goliardici ricchi di genuinità a suon di prelibatezze locali e, prima di andare via, nessuno si è mai dimenticato di lasciare il proprio “contributo”. «Come il violinista Eugenio Amadori, di Cesena, che ha realizzato delle caricature di pittori amici romagnoli e bolognesi», spiega Riccardo, che oggi nella cantina custodisce tante memorabilia della sua famiglia e di una civiltà rurale che non esiste più. Pezzi di vita a cui è profondamente legato, dalla letterina di Natale del padre, datata 1932 e firmata XI anno dell’era fasciata, al libro (sempre di suo papà) della seconda classe della Libreria dello stato (‘32); ancora, dai maccheroni nel pettine, che è un pezzo di un antico telaio tenuto in una credenza, fino ai mini assegni dell’Istituto bancario San Paolo di Torino.
Per un altro emozionante tuffo negli usi e nei costumi del passato si visita la Rocca sforzesca, dove nel mastio “riposa” il grande drago Fyrstan, che “si risveglia” aprendo gli occhi e sputando fuoco grazie a degli effetti speciali, solo in occasione di Fantastika, la Biennale di Illustrazione dedicata al mondo fantasy ospitata nel borgo ogni due anni. Racconta Simonetta Mingazzini, presidente della Fondazione Dozza Città D’Arte: «Della Rocca voluta da Caterina Sforza e trasformata sul finire del ‘500 nel signorile Palazzo Malvezzi Campeggi, abitato fino al 1960, non è da perdere la cucina, ché conserva l’impianto seicentesco, con i pozzi per approvvigionarsi dell’acqua, i fuochi con forni, pestelli e girarrosto, e gli utensili, originalissimi. Guardandosi attorno, si notano poi un montavivande per far arrivare le portate ai piani superiori; gli uncini per appendere la cacciagione e salvarla dai roditori; la madia per la lievitazione e l’impasto del pane; il tavolo con impresso il fiore della vita, usato molto nel territorio anche per le lapidi; infine, la macchina da pressa per fare i ciccioli con lo scarto del maiale cotto in brodo, il cui grasso colato si conservava per usarlo al posto dell’olio, impossibile da trovare nel territorio, per impastare ad esempio la piadina romagnola o per cuocere gli arrosti», conclude la presidente. Prima di lasciare la cittadina, vale la pena raggiungere la sede degli Alpini di Dozza, per conoscere un’altra storia preziosa.
2. A Palazzo di Varignana per soggiorni di charme e rituali di benessere a km zero
Un elegante resort con azienda agricola nel cuore dei Colli bolognesi. È il borgo diffuso Palazzo di Varignana, che domina dall’alto il paese da cui prende il nome e che si estende per centinaia di ettari attorno al settecentesco castello di campagna Palazzo Bentivoglio.
3. A Dozza e a Palazzo di Varignana tra cantine e carrozze o ex scuderie riadattate a ristorante
Non manca la possibilità di fare enoturismo nel borgo dipinto e a Varignana. La prima tappa del Sentiero del Vino di Dozza è nei sotterranei della Rocca Sforzesca, sede dell’Enoteca Regionale dell’Emilia Romagna. Uno spazio che accoglie più di 250 produttori associati e oltre mille etichette di vini realizzati nel territorio con vitigni autoctoni e internazionali. «Qui, per degustare qualcosa di tipico romagnolo, si può provare, tra i rossi, il Sangiovese DOC e, tra i bianchi, l’Albana DOCG, la prima Docg bianca nata in Italia (1987). Il vino è disposto come verrebbe servito in un pasto: prima ci sono le bolle, poi gli strutturati e nell’altra sala i rossi», racconta Antonio, sommelier dell’insegna che ospita anche un divertente “Wine dispenser” per degustazioni fai da te. Il Sentiero, circa sei chilometri con le migliori realtà vitivinicole locali, passa poi per il Palazzo di Varignana e la sua cantina semi-ipogea. Un luogo creato per non avere impatto sul paesaggio circostante e che vanta delle grandi vasche di fermentazione multi-cella in acciaio inox e di color viola che hanno catturato l’attenzione anche di clienti noti come Alberto Tomba e Achille Lauro. Ad Agrivar, l’azienda della tenuta nata nel 2016, si producono il Pinot Nero IGT Rubicone, il Sangiovese Superiore Romagna DOC, lo Chardonnay IGT Rubicone e il Villa Amagioia Spumante Metodo Classico Brut, grazie a 50 ettari di vigneto immersi in un microclima ideale per la viticoltura, e non solo autoctona. «Il Pinot nero, ad esempio, non è tipico dell’Emilia Romagna, ma grazie alle nostre argille dei calanchi, alle sabbie gialle, al limo e al calcare che si trovano qui, riesce ad avere una buona resa», riferisce Massimiliano Sercecchi, a capo delle “Esperienze in cantina” a base di vini e oli extravergine del Palazzo. Degustazioni che, durante la bella stagione, sono ospitate all’aperto nell’anfiteatro dell’oasi di Varignana, prima delle proiezioni dei film o degli spettacoli di musica classica con vista sul tramonto di Bologna. A guidare i “tasting” c’è pure Giulia Cavedagna, giovane ma già esperta nell’abbinare agli oli i formaggi come la caciottina con fiori di zafferano a km zero, le marmellate fatte in casa e gli affettati tipici locali, dal prosciutto al capocollo. In particolare, a essere proposti sono i due blend - Blu e Verde - e i tre Monocultivar Claterna, Vargnano e Stiffonte, alcuni dei quali pluripremiati, grazie ai procedimenti rigorosi di produzione impiegati e alla scelta del giusto grado di maturazione per la raccolta delle olive, che avviene nel minor tempo possibile per arrivare alla molitura entro 6 ore, quando la spremitura a freddo senza trattamenti fisici né chimici regala un prodotto con qualità organolettiche eccellenti e dalla bassissima acidità.
Ma il soggiorno tra Dozza e Varignana è anche all’insegna di un viaggio del gusto contemporaneo nelle atmosfere del passato. Si va indietro nel tempo nel borgo dipinto, sedendosi tra poste dei cavalli in ghisa originali, mangiatoie e faretti da calesse, nelle ex scuderie di fine 1700 riadattate a ristorante con menu a base di maccheroncino Garganello fatto al pettine, Tortellino in brodo di cappone, Crescentine (un impasto fritto tipo gnocco companatico da abbinare a salumi e formaggi) e Castrato fatto alla griglia. Ci si ritrova nell’Italia dei primi decenni del Novecento nel Palazzo, salendo a bordo di un prototipo di una carrozza del Treno Reale. Un vagone d’epoca, classe 1921, riportato a nuova vita grazie a un restauro filologico, dopo decenni di abbandono.