“No, gli indennizzi non sono affatto sufficienti. Anzi, per noi la soluzione non è spendere soldi pubblici per ricostituire i danni arrecati”. Mauro Pacifici, presidente di Coldiretti, commenta lo stanziamento da parte della Regione Lazio a parziale ristoro degli agricoltori che hanno subito perdite causate dalla fauna selvatica, cinghiali in primis.
Nel provvedimento adottato dalla Direzione competente e riferito alle denunce del 2020, si spartiscono i 360mila euro disponibili per tutto il Lazio tra i vari Atc, ambiti territoriali di caccia. Ebbene, nella provincia di Viterbo l’indennizzo è stato approvato solo per 98 tra coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. Non avranno invece nemmeno un euro per compensare i danni alle colture e agli allevamenti quattro ditte ricadenti nell’Atc Vt2: sono “ammissibili ma non finanziabili per carenza di fondi”. Altre 42 realtà produttive sono invece risutlate “non ammesse a indennizzo”. Le 98 che invece risultano avere i requisiti necessari riceveranno il 47% circa dell’importo ammissibile. Per molti, briciole rispetto ai danni subiti.
“Fino a 25 anni fa – spiega Pacifici – avvistare un cinghiale nella Tuscia era un evento raro. Poi, con l’ibridazione della specie con capi provenienti dalla ex Jugoslavia tutto è cambiato: ormai non esiste nemmeno un’area della provincia che si salvi. Persino il capoluogo è vittima delle scorribande di questi ungulati, ben più grandi delle specie autoctone e particolarmente prolifici. I cassonetti rovistati con spargimento di rifiuti ovunque sono purtroppo diventati la norma nei quartieri di Viterbo più prossimi all’Arcionello”.
Se gli indennizzi sono pochi e comunque non risolutivi, secondo il presidente della Coldiretti il problema va affrontato alla radice. “Al momento, possiamo solo rivolgerci ai selecontrollori tramite le segnalazioni agli Atc.
Anche perché gli agricoltori e gli allevatori, già vessati dal caro energia e dall’aumento dei costi delle materie prime, non riescono anche a far fronte ai danni da cinghiali. “Per fortuna sinora nessuno ha deciso di risolvere la situazione da solo. Di questo – ammette – dobbiamo dare merito ai viterbesi. Così come dobbiamo ringraziare i cacciatori: ora l’unico deterrente è il lavoro di squadra, ma devono fornirci gli strumenti adatti per intervenire. Non dimentichiamoci che il sovrappopolamento sta provocando squilibri nell’ambiente, impoverendo la flora e la fauna”. Non solo, quindi, un problema del settore bensì per tutti. “Cito solo un esempio: la peste suina in realtà la manifestano i cinghiali. E se accade vanno abbattuti tutti i suini presenti in zona, sebbene sani e controllati. È successo a Roma, alle nostre porte. I danni di una simile evenienza – ragiona Pacifici – sarebbero esagerati per una categoria già allo stremo”.
Diverso, infine, il discorso dei lupi: “Anche quelli ormai sono un po’ ovunque. Nella mia azienda a Grotte Santo Stefano, in un anno mi hanno fatto perdere 62 pecore. Ho risolto, però, con l’acquisto di sei cani pastori. Con i cinghiali invece serve ben altro”, conclude.