Droga: il sistema del Casermone
svelato dai fogli su turni, incassi
e regole per lo spaccio

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Domenica 11 Dicembre 2016, 22:04
I sequestri di droga, le conversazioni intercettate dalle microspie, i filmati ripresi dalle telecamere nascoste, gli appostamenti che hanno permesso di bloccare di volta in volta gli acquirenti. Questo ed altro compone l’enorme materiale investigativo dell’operazione “Fireworks” raccolto dagli agenti della Squadra Mobile e dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile, ma se c’è un elemento che forse più degli altri costituisce la prova regina, la cosiddetta “pistola fumante”, questa è rappresentata dai “ pizzini”. Quei semplici pezzi di carta, scritti con una grafia incerta, spesso con un codice apparentemente incomprensibile, sono stati la chiave ha consentito agli investigatori di entrare nell’organizzazione - gerarchica, logistica e finanziaria - dell’attività di spaccio al Casermone.
Nel corso della conferenza stampa, in cui sono stati illustrati i risultati dell’operazione, il dirigente della Squadra Mobile, Carlo Bianchi, non ha nascosto la soddisfazione per essere riusciti a mettere le mani sui quei taccuini, marca Pigna. «Questi foglietti - scrivono gli investigatori in una informativa riportata nell’ordinanza del gip - provano e/o confermano una serie di elementi costituenti i fatti sopra ascritti, soprattutto con riferimento all’esistenza di un’organizzazione dedita a gestire lo spaccio continuato». E gli stessi pusher sanno quanto siano “esplosivi” quei foglietti: «Hanno trovato la droga - dice uno - ci sta il blocchetto là! Se quelli hanno il mandato, vengono ad arrestarci tutti!».
Dentro quei bloc-notes c’era tutto e anche di più. Incassi; programmazione settimanale dei turni con tanto di eventuali sostituzioni; distinzione dei ruoli indicati con le lettere (A per i capi, B per i capiturno, C per gli addetti alle vendita, D per le vedette); nomi dei pusher seppure celati da acronimi o combinazioni di lettera e numero (gli investigatori hanno trovato anche un foglietto con i nomi veri di pusher e vedette corrispondenti ai codici); punti in cui si dovevano posizione le vedette; quantità di dosi vendute per ogni tipologia di stupefacente (erba, cocaina cotta, cocaina cruda, hashish); concessione delle “botte”, come in gergo venivano chiamati i premi di produzione quando gli incassi superavano i 10.000 euro; le “segnate”, ossia la droga consumata dagli addetti alla vendita che veniva defalcata dalla paga. «Segna, ogni cosa che è segna...» dice uno degli spacciatori.
Quei pizzini, trovati nei borselli in cui venivano custoditi dosi di droga e soldi, rappresentano un libro aperto sul funzionamento del fortino della droga, in cui nulla veniva lasciato al caso. Tanto che gli investigatori scrivono in una informativa: «Se non trattassero sostanze stupefacenti, ci troveremmo di fronte ad un’encomiabile organizzazione lavorativa». E a questo fa pensare questa conversazione intercettata: «Il capoturno ha fatto i turni, mi sembra di aver letto sabato, però quando faccio la mattina riposo venerdì, giusto?».
C’erano poi le regole a cui tutti gli appartenenti all’organizzazione dovevano attenersi. Gli investigatori hanno trovato anche questo vademecum, ritenuto il «suggello probatorio che dimostra l’estrema organizzazione dei servizi» di spaccio. Dodici in tutto le regole, dal numero massimo di assenze mensili (3, pena la decurtazione della paga), al divieto di fare uso di droga quando di sta spacciando. Il capo, Gerardo Valenti, viene intercettato mentre dice: «Alessandro sta pippando, guarda. Adesso lo acchiappo in flagranza e lo sistemo». E poi, ancora, bisognava avvertire almeno 12 ore prima se non si poteva “lavorare”. Dice sempre Gerardo Valenti: «Gli hanno fatto la multa povero ragazzo, ha avvisato mezz’ora prima che non poteva venire, perché stava male. Doveva avvisare la sera prima». Al che l’interlocutore gli fa osservare: «Se uno sta male la mattina, sai...». Allora Gerardo Valenti risponde: «Quello è, capito? Però se lo fai prima ad uno, poi ad un altro... ci sta gente che mette una scusa per non venire a lavorare, perché dice che sta male, capito? Oppure fa la nottata...».
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