Desirée, la madre Barbara Mariottini: «Non credo più nella giustizia»

Desirée con la madre Barbara Mariottini
di Elena Ganelli
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Sabato 21 Ottobre 2023, 11:56

«Non ho parole, sono molto più che delusa da questa sentenza e non credo più nella giustizia». Per Barbara Mariottini, la mamma di Desirée, l'esito dell'ultimo grado del processo per l'omicidio della figlia 16enne è arrivato come una doccia fredda. Ieri sera, al termine di una lunga camera di consiglio, la Corte di Cassazione ha infatti annullato alcune delle accuse nei confronti dei quattro imputati due dei quali saranno processati nuovamente.

Per quanto riguarda Mamadou Gara, condannato in primo e secondo grado all'ergastolo, i giudici hanno disposto un nuovo processo davanti alla Corte di assise di appello di Roma in relazione all'accusa di omicidio. Per quanto riguarda Brian Minthe, condannato in appello a 27 anni, è caduta una delle aggravanti legate all'accusa di cessione di sostanze stupefacenti e per lui ci sarà un nuovo processo in relazione alla accusa di cessione di droga, aggravante che è caduta anche per Alinno Chima, condannato a 24 anni e sei mesi. Infine la Corte ha fatto cadere l'accusa di violenza sessuale nei confronti di Yousef Salia, per il quale resta comunque la condanna all'ergastolo per omicidio.
Un verdetto che ribalta i precedenti pronunciamenti e si discosta dalla richiesta del Procuratore generale di Cassazione che ieri aveva chiesto la conferma delle condanne a carico dei quattro imputati, ritenuti responsabili a vario titolo a vario titolo di omicidio, violenza sessuale e spaccio di sostanze stupefacenti per la morte della 16enne di trovata senza vita in un palazzo abbandonato nel quartiere San Lorenzo a Roma il 19 ottobre 2018. Una morte orribile per la ragazzina che la sentenza di ieri in qualche modo non riconosce appieno. Un nuovo dolore per i familiari della ragazzina.
«Non ho parole commenta in lacrime la mamma di Desirée Barbara Mariottini all'uscita dall'aula mi chiedo come hanno potuto escludere la violenza sessuale su una ragazza che non aveva mai avuto rapporti fino a quel giorno, una ragazza che ha vissuto ore di agonia incosciente, ridotta in condizioni pietose. Vorrei sapere a chi devo rivolgermi per far riconoscere quello che le hanno fatto. È già duro vivere senza una figlia continua - vivere sapendo come l'hanno ammazzata e adesso devo anche accettare questo verdetto. Per me la legge non esiste in questo paese».
«Dalle risultanze scientifiche e da ciò che era stato somministrato alla ragazza aggiunge il legale della mamma Maria Belli -era chiara la non lucidità e quindi l'impossibilità di prestare il consenso . La sicurezza che fosse il primo rapporto, l'emorragia interna, lo stato dell'apparato genitale era la scrittura della violenza. Noi prendiamo atto di tale decisione ma la violenza sessuale non può rientrare come reato complesso in quello di omicidio . considerare la violenza sessuale parte della condotta omicidiaria lascia perplessi. Pur non spostando il livello della pena finale riteniamo sia una pagina scura di quanto accaduto a Desiree perché la violenza sessuale non viene riconosciuta nella sua gravità per una ragazzina lasciata morire dopo l'uso».
Secondo la ricostruzione degli investigatori infatti, suffragata peraltro da una serie di accertamenti e perizie medico legali, gli imputati avrebbero abusato a turno della ragazza nell'edificio di via dei Lucani dopo averle fatto assumere un mix di droghe che si è rivelato fatale per la ragazzina. Una ricostruzione che aveva retto sia nel processo di primo grado davanti alla Corte di assise del Tribunale di Roma che in sede di appello. Ora invece parte delle accuse dovranno essere nuovamente discusse mentre gli avvocati Maria Belli, Maria Teresa Ciotti e Claudia Sorrenti, legali di parte civile per conto delle sorelle, della madre e dei nonni materni attendono di leggere le motivazioni della sentenza.
 
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