Ostia sogna il riscatto, le piazze restano vuote

Ostia sogna il riscatto, le piazze restano vuote
di Simone Canettieri
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Sabato 4 Novembre 2017, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 09:23

Nemmeno tre trombe d'aria mattutine servono a movimentare l'apatia. Ostia ha ciuso la campagna elettorale con le piazze vuote e le urne che non promettono resse. «Vincerà l'astinenza», dettano dal panificio Morelli, quando i big se non sono andati, la notte silenziosa si specchia, nera, sul mare di Roma e in pochi hanno gradito questa scorpacciata di politica. Eppure, nel triangolo dell'area pedonale è appena andata in scena - in contemporanea - la sfida incrociata tra M5S, centrodestra e Pd. Ai dem in solitaria con Athos De Luca va il premio Si può dare di più, come gracchia la cassa vicino al palco. Ci sono Matteo Orfini e Luigi Zanda, un pugno di parlamentari non-renzianissimi. E Matteo? «Sarà atterrato a Fiumicino? Passa?». No. Al netto del ceto politico e degli operatori di stampa e tv si contano, con il rischio di non essere smentiti, 72 persone. Spunta Gianni Cuperlo che vorrebbe citare l'amato Rilke («Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi, molto prima che accada») ma sarebbe troppo un autogol.

L'INDIPENDENZA
E allora meglio lasciar perdere, andare da Matteo Salvini, fresco di Sicilia e di «patto dell'arancino». Le nonne romane per il leghista: «Un bacio e un selfie: ti porto 50 voti», gli fa una signora. Lui ride. E dopo un po' davanti al pontile di Ostia, quello dei film cult Amore tossico e Non essere cattivo, si avvicina Monica Picca, la candidata del centrodestra unito. «Lei è Picca». «Piacere, Matteo». I due salgono insieme sul palchetto. Centocinquanta persone. Tre di queste sventolano un cartello Salvini premier. Il leader della Lega agita «l'indipendenza dal Comune di Roma: il Campidoglio è troppo lontano da qui. Sapete, in Veneto e in Lombardia...». In mattinata, durante le turbolenze, si era affacciata per un giro negli amati mercati anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, madrina di Picca. Silvio Berlusconi non c'è. Ma scrive una lunga lettera: «Questo elezioni riveleranno il lavoro della giunta Raggi». Finale: «Forza Ostia, Forza Roma, Forza Italia».

GLI AFFONDI
Condannati a farcela i grillini, con Giuliana Di Pillo. I baristi del caffè Sisto, in piazza Anco Marzio: «Vincerà Picca». C'è la nomenklatura pentastallata della Capitale. La senatrice Paola Taverna: «Poca gente? C'era traffico e le strade le conosciamo. Ai romani dico: aoh, datece tempo!!!». Ecco Roberta Lombardi, candidata alla Regione, in forma: «E' un test su Roma, e quindi sul M5S, in ogni caso, che vada bene o vada male, noi siamo pronti a raccogliere il segnale». Messaggio chiaro a Raggi (le due si abbracciano e si baciano nel dietro le quinte, come nelle migliori saghe). La sindaca sa che dovrà rispondere di una flessione del M5S (nel 2016 sfiorò il 44%). In duecento ad ascoltarla. Attacca: «Il nemico da abbattere è l'astensionismo». A dire il vero è la destra. E quindi, finalmente, spunta la mafia, nel municipio sciolto per infiltrazioni nel 2015. Raggi: «Qui gli Spada per anni l'hanno fatta da padroni e hanno appena espresso sostegno a Casapound; la destra è interessata a un'alleanza con Casapound, quindi con chi si allea la destra, con gli Spada?». Scatta la gara a chi è più puro. Dalla piazzetta del Pd, affondo di Orfini: «Noi chiamavamo per nome i clan di Ostia sfidandoli, Raggi e il M5S no». Casapound annuncia querele, accende fumogeni: «Vedrete che sorprese». Servirebbe un prete per tutte queste pecorelle smarrite, ma è in corsa anche lui. Il rosso don De Donno: «Rimbocchiamoci le maniche». Poca gente. Anche qui la messa della politica è finita da un pezzo.
 

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