Franco Pompili, catturato in Perù il narcos dei Fasciani: latitante da 18 anni, organizzava l'export della coca

Era lui, secondo la Dda, che istruiva i corrieri del clan

Franco Pompili, catturato in Perù il narcos dei Fasciani: latitante da 18 anni, organizzava l'export della coca
di Alessia Marani
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Sabato 11 Maggio 2024, 00:25 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 10:52

L’hanno fermato in mezzo alla strada, mentre passeggiava nel quartiere di Bocanegra a Lima, in Perù. «Franchino?», la domanda. Lui si è girato senza esitare e in un lampo si è ritrovato accerchiato dalle unità speciali della polizia locale e dell’Interpol. È finita così la latitanza dorata, con moglie peruviana e un figlio di dieci anni, di Franco Pompili, alias “Palazzo”, narcos romano di rango, fedele alleato dei fratelli Fasciani a Ostia e destinatario di una ordinanza di misura cautelare del 2010 dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Lido, nell’ambito dell’operazione “Maiquetia” dal nome del piccolo aeroporto di Caracas, in Venezuela crocevia del narcotraffico mondiale. La sua cattura “in diretta”, avvenuta martedì scorso, è stata ripresa dalle telecamere di una tv locale e le immagini hanno fatto il giro del Paese con grande enfasi, mentre in Italia la notizia deve essere ancora formalmente diramata.

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UOMO CHIAVE
Franchino non ha opposto resistenza, con gli occhi sbarrati e increduli, la fronte ormai segnata dalle righe dei suoi 63 anni, stretto nel giubbino della tuta celeste, pantaloni grigi e scarpe da ginnastica ai piedi, quasi fosse un pensionato qualsiasi, si è lasciato perquisire e portare via dagli agenti.

Ribattezzato “il nonno della droga”, in realtà come ha spiegato il comandante locale Jesús Quiroz ai microfoni, è accusato di essere l’uomo chiave dell’export della coca dal Sudamerica in Europa alla volta di Roma: «Ordinava, distribuiva e coordinava le spedizioni». Per gli investigatori italiani che hanno individuato il nascondiglio nella capitale peruviana, si occupava personalmente di reclutare e addestrare i corrieri alle “scuole” degli ovulatori coloro che, dopo un training, vengono impiegati dai clan per trasportare ovuli di droga ingeriti nello stomaco. Quiroz lo ha definito «uno dei cittadini italiani più ricercati al mondo per i suoi legami con la potente organizzazione criminale radicata a Roma e sul suo litorale e che la Cassazione ha definito mafiosa».

L’INCHIESTA
Nel 2010 le indagini dei militari del Lido e della Direzione distrettuale antimafia permisero di arrestare 26 persone e sequestrare beni per oltre un milione di euro. Ad aspettare la droga dal Sudamerica a Roma c’erano Don Carmine Fasciani, ritenuto dagli inquirenti uno degli eredi “legittimi” della Banda della Magliana, e il fratello Giuseppe, “Floro”, nonché un gruppo di trafficanti che si muoveva nell’area di Tor de’ Cenci e Spinaceto, Giancarlo Ceci e Bruno Buffone detto “er pugile”. Tra le attività commerciali legate alla famiglia Fasciani e alla sua rete successivamente sequestrate figurano panifici, pescherie, concessionarie, un centro estetico e uno stabilimento balneare. Dell’organizzazione sudamericana faceva parte proprio Pompili, già uccel di bosco poiché ricercato dal 2006 per reati inerenti gli stupefacenti, il quale sfruttava le sue conoscenze ed amicizie italiane per fare arrivare a Don Carmine e agli altri i corrieri.

Secondo gli inquirenti, Pompili in tutti questi anni si sarebbe mosso in più città e Paesi del Sudamerica per impostare i traffici di droga, coltivando amicizie preziose e contribuendo ad aprire canali di transito sempre più fiorenti. Da circa dieci anni la sua base era in Perù dove era già stato detenuto a fini di estradizione nel 2012, ma grazie a ricorsi e a «forzature procedurali», come sottolineato da Quiroz, aveva ottenuto il rilascio. Ora, con la sua cattura, si riapre il procedimento per permetterne l’estradizione in Italia e affrontare i suoi guai con la giustizia.

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