Il maestro Pappano ricorda il pianista Maurizio Pollini che inaugurò il Parco della Musica:
«La sua lezione è l’amore per la grande musica del Novecento»

Il maestro Pappano che ieri sera ha debuttato a Salisburgo, con l’Orchestra di Santa Cecilia, di cui è stato direttore musicale per 18 anni, ricorda il pianista Maurizio Pollini appena scomparso: le sue note erano scolpite come diamanti

Il maestro Antonio Pappano, 64 anni
di Simona Antonucci
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Domenica 24 Marzo 2024, 13:27

«Tante cose di lui non dimenticherò mai, perché era un grandissimo maestro, ma anche una persona estremamente gradevole con cui si chiacchierava di tutto. Ma c’è un episodio che mi rimase impresso, legato alla sua generosità con gli spettatori romani: dopo un concerto di Brahms, impegnativo tecnicamente ed emotivamente, concesse al pubblico di Santa Cecilia tre bis. Eravamo sfiniti, ma abbiamo ripetuto il finale intero».

Il maestro Pappano che ieri sera ha debuttato a Salisburgo, con l’Orchestra di Santa Cecilia, di cui è stato direttore musicale per 18 anni, ricorda così il pianista Maurizio Pollini appena scomparso. Il maestro inglese, ora alla guida della London Symphony Orchestra, ha più volte ospitato il pianista milanese che inaugurò il 21 dicembre 2002, il Parco della Musica.

Cosa ricorda dei suoi concerti?

«Ascoltandolo da vicino ti rendevi conto che ogni nota era scolpita come un diamante. In qualche modo granitica. Prima di incontrarlo, non avevo mai sentito nulla di simile e non credo che capiterà mai più».

Qual era l’atmosfera durante le prove?

«Per lui era importante il rigore. L’obiettivo era la compattezza del suono insieme con un profondo rispetto per la struttura architettonica della partitura. Direi che si presentava con queste caratteristiche all’orchestra: il suo biglietto da visita».

Che carattere aveva?

«Con l’orchestra l’approccio era molto serio. Ma, in un clima serio, si lavorava con grande gioia. Perché la musica è sempre un momento di condivisione».

L’eredità che ha lasciato a Roma?

«La sua lezione era legata all’amore e alla curiosità per la musica del Novecento.

Insieme con Brahms, suonava Boulez. E considerava fondamentale divulgare la contemporanea. Voleva che il pubblico la conoscesse e la apprezzasse».

E per lei che cosa ha rappresentato?

«Lui era molto legato a Luigi Nono e a Claudio Abbado. E insieme hanno dato vita a un capitolo di storia musicale fondamentale, ma lontana dal mio repertorio. Grazie a lui, però, ho scoperto Bruno Maderna, un gigante del Novecento sottostimato».

Gli ultimi ricordi?

«È passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che abbiamo lavorato insieme. Ma il rapporto con l’Accademia di Santa Cecilia non si è mai interrotto. Dall’inaugurazione, quando il direttore musicale era Myung-Whun Chung, è sempre venuto spesso e volentieri a suonare qui»

E dopo i concerti, andavate a cena insieme?

«Sì, certo. Lui amava un ristorante a piazza Nicosia. E a tavola con lui c’era sempre buon vino. Era un amabile conversatore, sempre informato, coltissimo. Si parlava di politica e arte, aveva sempre un’opinione originale su tutto».

E della professione di pianista che cosa diceva?

«Era innamorato del suo lavoro. E ai giovani che si lamentavano delle difficoltà di trovare uno spazio, rispondeva: studiate di più».

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