Concorsopoli, difese all'attacco: «Bocci? Mai avuto o passato domande ai candidati. Le verosimiglianze non fanno la prova»

Il processo Concorsopoli a Perugia
di Egle Priolo
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Mercoledì 24 Aprile 2024, 09:13

PERUGIA - «Gianpiero Bocci? Non ha mai avuto in mano le domande e non ci sono prove le abbia passate ad alcuno. La guardia di finanza ha detto in aula che in un incontro con Valorosi sia “verosimile” ci sia stato un passaggio delle domande, ma con le verosimiglianze non si fa la prova». Questo uno dei passaggi chiave dell'arringa difensiva con cui l'avvocato Alessandro Diddi ha smontato le accuse contro l'ex sottosegretario agli Interni e segretario regionale del Pd Gianpiero Bocci, tra gli imputati eccellenti del processo Concorsopoli sui presunti concorsi pilotati in sanità. Bocci, per cui i pm hanno chiesto una condanna a 2 anni e 3 mesi per rivelazione di segreti d'ufficio ma con l'assoluzione dall'ipotesi di associazione per delinquere, in aula ha ascoltato le oltre tre ore di difesa senza mai scomporsi, granitico.

Mentre Diddi, tra complimenti continui al «meticoloso» lavoro dei pm Mario Formisano e Paolo Abbritti, rivolgendosi alla corte presieduta da Marco Verola ha poi invece letteralmente passato ai raggi X le accuse. Sminuzzando gli articoli del codice penale, scarnificando i capi di imputazione fino alle congiunzioni e distruggendo così, pezzo a pezzo, tutte le contestazioni. In punta di diritto, citando da Carnelutti a Calamandrei, è arrivato a sottolineare l'inutilizzabilità di intercettazioni e tabulati, «unici elementi su cui si poggia il processo a Bocci» per rafforzare la convinzione che l'ex sottosegretario «sia innocente, come dimostreremo». Senza le intercettazioni, in cui «comunque né Duca né Valorosi (ex dg ed ex direttore amministrativo dell'ospedale di Perugia, ndr) dicono mai di aver avuto richieste di domande da parte di Bocci», insomma cade tutto il castello di accuse contro l'uomo della Valnerina. Diddi parla di diritti costituzionali, di sentenze della Corte europea di giustizia, ma al fondo ricorda come nonostante il «lavoro maniacale della procura, manchi la finalizzazione del dato probatorio». Insomma, non ci sono prove e «non è chiara la condotta» contestata. Con la candidata che si presume sia stata aiutata che ha fatto «una prova modestissima e non è nemmeno passata».
Durante la mattinata, a contestare duramente le accuse erano già stati, oltre a Franco Libori e Ilario Taddei a rivendicare la correttezza dell'operato di Mauro Faleburle, gli avvocati Francesco Falcinelli e Diego Ruggeri per Antonio Tamagnini, segretario in alcune prove concorsuali e considerato «uomo di fiducia» di Emilio Duca, di cui si è sottolinea «l'insussistenza delle qualifiche soggettive necessarie» ai reati contestati, a partire dall'associazione per delinquere.
Si torna in aula il 14 e il 21 maggio, per le difese tra gli altri dell'ex presidente della Regione Catiuscia Marini (avvocato Nicola Pepe) e dell'ex assessore regionale alla Sanità Luca Barberini (avvocato David Brunelli).

Con la sentenza che ormai slitta a sotto elezioni.

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