Santa Rosa è al suo posto, Gloria pure. C’è voluto meno del solito ieri per l’assemblaggio della Macchina di Santa Rosa a San Sisto, grazie alla squadra collaudatissima del costruttore Vincenzo Fiorillo, capitanata dal figlio Mirko. Per il «Sollevate e fermi» è tutto pronto. E poi? «Ci riproveremo, perché quando ti prende la machinite, non ti abbandona più».
LA STORIA
L’impresa di Fiorillo lavora sulla Macchina da una vita. «Ufficialmente dal 2011, allora c’era Fiore del Cielo di Arturo Vittori. In quell’occasione abbiamo raccolto l’eredità del vecchio costruttore non viterbese - dice Mirko - che a un certo punto abbandonò la nave. Così, insieme a Contaldo Cesarini abbiamo fatto una cordata.
LE VECCHIE MACCHINE
Da allora le modalità di costruzione del “Campanile che cammina” - come lo scrittore Orio Vergani definì la struttura - sono cambiati radicalmente. «Sono diverse le tecniche, i materiali e anche i tempi. Le Macchine di tanto tempo fa erano bellissime, come quelle di oggi: pezzi di repertorio fantastici». Più facile o più difficile ora? «Paradossalmente è più difficile - spiega Fiorillo - perché se prima una statua non era proprio perfetta ci stava, era nei tempi suoi. Ma oggi se fai un angelo che non ha occhi o qualsiasi altro dettaglio realizzato alla perfezione, non va bene. Prima si diceva che tanto a 30 metri non si vedeva niente, oggi no: con gli attuali strumenti a disposizione e i social non si può sbagliare, men che meno sulla statua di Santa Rosa, che sta più in alto di tutto il resto».
LA FESTA DELL’ASSEMBLAGGIO
A livello personale, con che spirito si riparte ogni anno, dopo tante battaglie a San Sisto e sul percorso? «Sembrerà scontato, ma l’emozione è sempre come all’esordio, come la prima volta. Perché la Macchina di Santa Rosa afferisce al sentimento, non al business». Intorno alla struttura lavorano - e ruotano anche senza lavorare - una moltitudine di famiglie. «Qui siamo circa 25 persone, che si alternano. La prima fase è sempre quella un po’ più complicata, man mano che si va avanti servono anche meno. Ma c’è la seconda generazione che viene a darci supporto: assemblare la Macchina è come una grande festa, saranno 7-8 famiglie che collaborano con noi da anni. È una squadra molto collaudata».
IL RITO
Un rito? «Montare la struttura sempre il mercoledì dopo la settimana di Ferragosto». Il motivo? «Abbiamo sempre fatto così, a parte il detto che di Venere e di Marte non si sposa e non si parte. Se il tempo lo permette, il mercoledì ci consente di prepararci bene prima e di avere la possibilità di intervenire poi, nel caso di fosse qualche problema».
IL FUTURO
Dopo il 3 settembre la storia di ferma, ma per la Macchina di Fiorillo potrebbe essere solo un pit stop? «Gloria verrà riposta in qualche capannone, con grande dispiacere ma con la consapevolezza che abbiamo realizzato l’opera fantastica ideata da Raffaele Ascenzi. Speriamo di rimanere nella storia della città in qualità di costruttori». E la prossima? «Vediamo». Quindi Fiorillo non si tira indietro su quella che verrà. «Come si dice: la machinite quando ti prende, poi non ti lascia più. Le capacità crediamo di averle, il tempo un po’ ci ha dato ragione. E quando ci metti il cuore poi fai. Probabilmente parteciperemo: il 4 vedremo quale Macchina avrà vinto - conclude - e questo sarà uno stimolo in più».