Welfare incompiuto: famiglie sempre più vulnerabili nella gestione della non autosufficienza

Welfare incompiuto: famiglie sempre più vulnerabili nella gestione della non autosufficienza
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Giovedì 15 Febbraio 2024, 11:18

Il welfare incompiuto. In tema di salute, assistenza e previdenza le famiglie italiane sono sempre più vulnerabili, incerte nella gestione della non autosufficienza e consapevoli di dover ricorrere a risorse proprie. A conferma di questo stato d’animo, il 45,3% considera prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, partendo dal presupposto che la casa sia il miglior posto dove curarsi, il 58,7% chiede l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico ed il 49,1% dichiara di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, in aggiunta al ruolo della badante. È quanto emerge dallo studio «Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie» realizzato dal Censis per Assindatcolf, Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico, che comprende un’indagine realizzata presso un campione di 2.400 famiglie datrici di lavoro domestico. Il Paper è il primo capitolo del Rapporto 2024 «Family (Net) Work - Laboratorio su casa, Famiglia e lavoro domestico», il progetto editoriale promosso da Assindatcolf con la partnership di Censis, Effe (European Federation for Family Employment & Home Care), Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e Centro Studi e Ricerche Idos.Il rischio di un collasso sociale. La necessità di intervenire sulla spesa pubblica, il progressivo mutamento dei bisogni sociali e l’evoluzione demografica del Paese hanno messo in affanno il sistema, lasciando aperte molte questioni che in breve tempo sono diventate emergenze. In particolare, se nel 2020 è stato riservato alla spesa sanitaria pubblica il 7,4% del Pil, nel 2026 si prevede che sarà solo il 6,1%; le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con un’offerta di circa 414.000 posti letto (7 ogni 1.000 abitanti), la disponibilità più alta è al Sud con poco più di 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti; se oggi gli over 65 sono il 24,0% della popolazione (nel 1961 erano il 9,5%) e il 63,5% le persone in età lavorativa (15-64 anni) (nel 1961 erano il 66,0%), nel 2050 si prevede che gli anziani saranno il 34,5% e i 15-64enni saranno meno del 55%. Inoltre, 6,8 milioni di pensioni sono sotto i 1.000 euro mensili.L’assistenza ed i bisogni dei caregiver.

Guardando ai bisogni di assistenza in una prospettiva di lungo termine, il 58,7% delle famiglie considera prioritaria l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico. Per il 46,3% è, invece, necessario attivare servizi di assistenza domiciliare a supporto dei non autosufficienti, mentre per il 18,0% è importante semplificare le procedure per accedere ai servizi di assistenza (in particolare quella della valutazione di non autosufficienza) e per il 15,4% è necessario sostenere il ruolo di chi in famiglia si fa carico dell’assistenza di un familiare. Non a caso, il 49,1% dichiara di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, una figura non alternativa alla badante ma integrativa. Per il 42,4% l’aspetto più critico dell’assistenza è la fatica fisica e lo stress che deriva dal far fronte ai tanti bisogni della persona assistita.

Molto importanti sono anche i condizionamenti della quotidianità, spesso assorbita in maniera quasi assoluta dalle cure all’assistito e la rinuncia a una vita relazionale e autonoma (24,7%). Il 16,4% sottolinea, invece, la mancanza di un reale riconoscimento del ruolo del caregiver da parte delle istituzioni e la mancanza, quindi, di un compenso economico al lavoro svolto. Poco sopra l’8% si colloca chi ha dovuto abbandonare o ha dovuto trascurare il lavoro o comunque l’attività da cui discende il reddito del caregiver. Il 6,7% è invece preoccupato di poter arrecare danno all’assistito, non avendo il caregiver le competenze necessarie ai vari interventi che è chiamato a fare. L’incertezza per il futuro. Sul piano delle prospettive future, il 40,7% delle famiglie giudica non proprio sicuro il proprio livello di risorse economiche e teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi possano non essere sufficienti nel caso di imprevisti. Completamente insicuro si dichiara, invece, il 12,5%, che sa che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in seria difficoltà. Nel bilancio fra fattori di protezione – welfare pubblico, coperture assicurative, altre forme di autotutela personali di cui si dispone – e fattori di rischio futuri, è proprio l’inabilità e la non autosufficienza a raccogliere il maggior grado di rilevanza (64,6%). Le malattie e la necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie occupano il secondo posto nella scala del rischio (con il 51,2%), mentre la diminuzione dei redditi e del tenore di vita negli anni della vecchiaia preoccupa prioritariamente il 35,0%. A seguire, la morte di chi è il principale portatore di reddito in famiglia rappresenta, nell’ordine, il quarto fattore di rischio più temuto, al quale si aggiunge la perdita del lavoro, la disoccupazione e la conseguente riduzione del reddito.

«Quella scattata dal Censis è l’immagine più efficace della distanza che si sta creando tra la domanda di protezione sociale delle famiglie e il progressivo mutamento del welfare del nostro Paese, che sembra aver smarrito la propria missione, lasciando senza risposta una parte crescente della popolazione. In questo quadro» dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf «la gestione del rapporto domestico si è trasformata nel dispositivo di protezione sociale più diffuso, sebbene a totale carico delle famiglie. Questo, soprattutto in rapporto alla condizione della non autosufficienza, indubbiamente contribuisce ad alimentare lo stato di incertezza delle famiglie, che chiedono interventi mirati come la totale deduzione del costo del lavoro domestico. Il nostro auspicio è che, dopo i timidi segnali che abbiamo letto nella riforma della non autosufficienza, il Governo possa recepire questo appello e tradurlo in atti concreti, che siano davvero universali».

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