Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Il nodo della ratifica/La strategia sul Mes che può favorire gli interessi italiani

di Angelo De Mattia
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Sabato 3 Giugno 2023, 23:55 - Ultimo aggiornamento: 4 Giugno, 21:51

Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) non è la Spectre. Ma neppure può essere ritenuto un inammissibile sperpero decidere di non ricorrervi, magari se non in circostanze eccezionali e con il sostegno di un’ampia maggioranza parlamentare. D’accordo, non è il vecchio Fondo salva-Stati, la cui normativa contemplava l’intervento della famigerata troika (Fmi, Commissione Ue, Bce) per una penetrante sorveglianza sulle politiche e sui conti dello Stato beneficiario del prestito, con il conseguente rischio di stigma per chi vi faceva ricorso. E tuttavia è impensabile che nella nuova versione non figurino forme di controllo sul Paese che chiede soccorso, sarebbe quantomeno insolito. 


Occorre comunque distinguere tra ratifica del Trattato riformato e accesso ai suoi finanziamenti, una volta reso operante. Va peraltro aggiunto che con una dotazione di 700 miliardi, la riforma conferisce al Mes la possibilità di svolgere anche una funzione di paracadute del Fondo unico di risoluzione, nato per intervenire nei casi di crisi bancarie, ma che oggi dispone di risorse limitate: iniziativa, questa, condivisibile.


Per tornare alla scelta del governo italiano, il potere di rendere il Mes operante, a meno che non si voglia imboccare la complessa via degli accordi intergovernativi, è nella disponibilità dell’esecutivo come decisione autonoma, non automatica. Sicché non si può ritenere immotivato il temporeggiamento fin qui adottato. Del resto, il collegamento con il Fondo di risoluzione chiama in ballo l’inosservanza dei patti per l’attuazione del progetto di Unione Bancaria che, dei tre pilastri promessi vede realizzato solo il secondo, quello appunto della risoluzione, mentre è di là da venire il terzo, quello più importante, sulla garanzia dei depositi, stante la contrarietà di diversi Paesi che vorrebbero invece introdurre soluzioni dannose senza che ciò susciti scandalo, come invece dovrebbe. 


D’altro canto, l’impegno della messa in comune di risorse a livello europeo fa scattare un collegamento con la riforma del Patto di stabilità proposta dalla Commissione Ue, che a sua volta va rivisto e integrato in diversi punti.

Il governatore Ignazio Visco sostiene che a questo punto è necessario un atto di buona volontà, epperò deve esserci da parte di tutti. Peraltro, in prospettiva si pone l’esigenza di un organismo comunitario di politica industriale che sostenga innovazione e competitività. Ma non dovrebbe essere varato con la logica del “do ut des”; al contrario, sarebbe logico unire questo tema agli altri per affidarli all’ordine del giorno degli organismi deputati, a cominciare da Eurogruppo ed Ecofin. Lo scopo è conseguire un impegno concreto ad esaminare in tempi non biblici ogni possibile soluzione.


Sarebbe il meno che si possa proporre e che si debba unanimemente accogliere, in occasione dell’eventuale ratifica del Mes. E ciò, accanto a un autovincolo sancito dal Parlamento per il quale l’Italia s’impegna a non ricorrere mai a tale istituto a meno che non si verifichino circostanze straordinarie e con un quorum deliberativo molto alto, oltre la maggioranza. Nei prossimi giorni vi saranno incontri su temi più generali con esponenti europei, a cominciare da quello del premier Giorgia Meloni con il cancelliere tedesco Olaf Scholz: potrebbe essere l’occasione per riassumere la nostra legittima posizione sottolineando la disponibilità a mantenere gli impegni in un’ottica di Unione solidale. Come del resto prevede l’Atto fondativo.

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