Omicidio Moro, due condanne e due assoluzioni 14 anni dopo il delitto

Omicidio Moro, due condanne e due assoluzioni 14 anni dopo il delitto
di Elena Ganelli
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Martedì 26 Marzo 2024, 11:58 - Ultimo aggiornamento: 13:07

LA SENTENZA

Arriva a 14 anni dal fatto e con una seconda inchiesta aperta dalla Dda la sentenza sull'omicidio di Massimiliano Moro. La Corte di assise di Latina ieri pomeriggio ha condannato a venti anni di carcere Ferdinando Ciarelli detto "Macù" e Simone Grenga, il primo quale organizzatore dell'agguato, il secondo quale esecutore materiale. Per entrambi, assistiti dagli avvocati Italo Montini e Marco Nardecchia, anche l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Esclusa la premeditazione ma riconosciuta a loro carico l'aggravante della agevolazione mafiosa. Sono stati invece assolti Antongiorgio Ciarelli e Ferdinando Di Silvio detto "Pupetto", difesi dagli avvocati Alessandro Farau e Emilio Siviero.

Un verdetto, arrivato dopo circa due ore e mezza di camera di consiglio, che ha ridimensionato pesantemente la ricostruzione dell'accusa rappresentata dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Roma Luigia Spinelli e Roberto Gualtieri. I pubblici ministeri nella scorsa udienza avevano infatti chiesto una condanna per i primi due all'ergastolo e a 30 anni di reclusione per gli altri due. I quattro imputati erano chiamati a rispondere di omicidio premeditato aggravato dai motivi abietti con l'aggravante di avere agito con metodo mafioso.
Una vera e propria esecuzione quella di Massimiliano Moro, ucciso a colpi di pistola nella sua abitazione di largo Cesti nel quartiere Q5 il 25 gennaio 2010, avventa poche ore dopo il tentato omicidio di Carmine Ciarelli gambizzato con sette colpi di pistola in pieno giorno nel bar del Pantanaccio dove faceva colazione ogni mattina.

Un gesto di sfida che, come ha ricostruito l'accusa, ha dato il via ad una vera guerra tra gruppi criminali contrapposti nel capoluogo pontino: da una parte quello che faceva riferimento a Moro, dall'altra le due famiglie dei Di Silvio e dei Ciarelli che per ribadire il loro potere criminale strinsero una vera e propria alleanza.

Eliminando prima Moro e poi, il giorno successivo, Fabio Buonamano. Se all'epoca la procura della Repubblica di Latina non era riuscita a raccogliere elementi sufficienti per portare a giudizio i presunti responsabili, tanto che chiese l'archiviazione, in ausilio degli investigatori della Dda sono arrivate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e in particolare di Andrea Pradissitto, componente della famiglia Ciarelli, che ha rivelato i passaggi attraverso i quali i due gruppi rom arrivarono a decidere l'eliminazione di Moro e le modalità del suo omicidio. Una lettura a 360 gradi che ha portato al nuovo processo ma che ieri il difensore di Antongiorgio Ciarelli, l'avvocato Alessandro Farau, nella sua arringa prima che la Corte entrasse in camera di consiglio, ha contestato sottolineando come già 14 anni fa gli elementi a carico degli imputati erano talmente deboli da indurre prima il gip a respingere la richiesta di custodia cautelare, poi la Procura a chiedere l'archiviazione del caso. Dopo una breve replica dei due pm la Corte si è ritirata per uscire poco dopo le 15 con la sentenza che ha scagionato Antongiorgio e Pupetto Di Silvio, che secondo la Dda erano sotto casa di Moro a fare da "pali" e condannato invece Grenga, che materialmente sparò a Moro, e Macù quale ideatore dell'omicidio. Che però non fu premeditato, secondo i giudici, ma fu commesso con modalità mafiose. Le motivazione della sentenza saranno depositate entro 90 giorni.

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