«E che vuoi difendere? Abbiamo perso su tutta la linea». Le reazioni a caldo di molti parlamentari 5S si assomigliano un po' tutte, a prescindere dall'area di riferimento. Le analisi post-ballottaggio evitano di snocciolare dati e, con buona pace dello scarso «radicamento territoriale» messo nel mirino da Giuseppe Conte dopo la débacle del primo turno e ora difeso dalla sola assessora del Lazio Roberta Lombardi («Lo scopo del nuovo M5S Roma deve essere riportare i romani al voto»), guardano più che altro alle dinamiche nazionali e a quello che resta dell'ancora ipotetica alleanza «strutturale» con il Pd. «Facciamo la fine di LeU» sospira un deputato.
Movimento 5 stelle: la situazione dopo il voto
Del resto il risultato più marcato delle urne è proprio l'evidenza che i dem avrebbero ottenuto la gli stessi risultati anche da soli.
L'intesa
I ruoli nell'intesa, non possono più essere quelli pattuiti mesi fa. I 5S lo sanno e per il timore che il nuovo corso di Conte finisca con l'annientarli, ora tremano. Ma tramano anche.
Le urne avranno sì strappato ai grillini le amministrazioni di città importanti ma gli hanno restituito due personaggi ora ingombranti. Le ormai ex sindache che guidarono la carica nel 2016, sono alla ricerca di un ruolo. E non basterà affibbiargli una carica di garanzia, perché i 5 anni di «lotta», le ha aiutate a costruirsi l'immagine di dure e pure. Se però la Appendino si prenderà del tempo da neo-mamma, con il beneplacito di Beppe Grillo Raggi da qualche giorno ha promesso battaglia: «A livello nazionale mi sembra ci sia (l'intesa Pd-M5s ndr). Io mi siederò all'opposizione, senza sconti, collaborando invece dove ci sono possibilità di aperture». Un occhiolino a quel mai col Pd della prima ora. Certo oltre che con l'avvocato bisognerà fare i conti con i governativi Di Maio e Fico, mediatori per eccellenza e sempre con l'asso nella manica per riprendersi il partito. Ma tanto per il Quirinale quanto per il voto del 2023 c'è tempo.
E tempo pensa di averne anche Conte che, non a caso, mentre riorganizza il Movimento, temporeggia. Tentato dall'opportunità di concorrere al seggio ora lasciato da Gualtieri a Roma (ma consapevole che presterebbe il fianco a chi gli contesta la sudditanza al Pd), temporeggia. E temporeggia anche nel commentare i risultati di ieri, affidandosi poi a un post tardivo sui social, tra i mugugni degli eletti che nel pomeriggio sostengono «siamo gli unici a non avere una linea». Alle 19, arriva il riferimento al «drammatico astensionismo», all'«immediata riorganizzazione», all'essere all'«opposizione a Roma, Torino e Trieste», ai «comuni in cui abbiamo confermato l'elezione dei sindaci uscenti» e quelli in cui «abbiamo contribuito alla vittoria». Riferimenti alla sconfitta? Zero. Eppure le urne sono state poco generose anche in quasi tutti i piccoli centri dove speravano di rifarsi. Spazzati via in Emilia-Romagna (perdono a Cattolica e non guidano alcun comune), strapazzati nel Lazio (non solo perdono il IV Municipio a Roma ma anche a Marino il sindaco uscente Colizza cede il posto al centrodestra) riescono a farsi riconfermare solo a Castelfidardo (Ancona), Ginosa (Taranto), Noicattaro (Bari) e Pinerolo (Torino). Un po' poco per un nuovo corso.