Crimea, irruzione russa in basi e ospedali. Allarme della comunità italiana

Crimea, irruzione russa in basi e ospedali. Allarme della comunità italiana
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Lunedì 10 Marzo 2014, 17:08 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 10:52

Una trentina di uomini armati filorussi ha fatto irruzione nel principale ospedale militare della Crimea, a Simferopoli, e l'ha occupato. La notizia, riportata da alcuni media locali, è stata confermata dal ministero della Difesa ucraino.

Secondo il ministero, dopo il blitz gli uomini armati hanno costretto il comando dell'ospedale ad abbandonare l'edificio e hanno riunito il personale medico in una sala conferenze «per comunicazioni con la presunta nuova amministrazione dell'istituto». Nell'ospedale militare - fanno sapere sempre da Kiev - sono ricoverati 20 pazienti in gravi condizioni e uno è in terapia intensiva.

La Nato ha deciso di far alzare in volo i suoi aerei radar sui cieli di Polonia e Romania per «monitorare la crisi in Ucraina», precisando che i voli di ricognizione degli Awacs saranno «esclusivamente» sul territorio dell'Alleanza.

La decisione, secondo quanto riferito da fonti della Nato, è stata presa oggi dal Consiglio Atlantico. I voli fanno parte dell'impegno dell'Alleanza Atlantica ad aumentare la vigilanza già deciso la scorsa settimana durante la riunione del Consiglio di martedì scorso convocata su richiesta della Polonia in base all'art.4 del Trattato istitutivo della Nato. I voli degli aerei Awacs (Airborne Early Warning and Control Aircrafy, aerei per l'allerta ed il controllo anticipati) partono dalle basi di Geilenkirchen in Germania e Waddington nel Regno Unito. «Questa decisione - riferiscono le fonti - è un'azione appropriata e responsabile, in linea con la decisione di intensificare la costante valutazione delle implicazioni di questa crisi per la sicurezza dell'Alleanza».

Gli Stati Uniti sono «ancora in attesa di una risposta russa alle domande sollevate dal segretario di Stato John Kerry al ministro degli esteri Serghiei Lavrov» in merito alla crisi ucraina nel corso di un colloquio telefonico sabato scorso.

Lo ha affermato la portavoce del Dipartimento di Stato Jen Psaki.

Nel colloquio Kerry «ha messo in chiaro che gli Usa vogliano vedere la cessazione dell'avanzata militare russa in Ucraina, compresa la penisola di Crimea, uno stop al corso per l'annessione della Crimea e la fine delle provocazioni, per dare spazio alla diplomazia», ha detto la portavoce. «Gli Stati Uniti - ha aggiunto - hanno bisogno di vedere prove concrete che la Russia è pronta ad impegnarsi sulle proposte diplomatiche che abbiamo avanzato per facilitare il dialogo diretto tra Ucraina e Russia e ad usare meccanismi internazionali come un gruppo di contatto» per disinnescare il conflitto.

Irruzione russa in un villaggio tataro. Soldati filorussi armati a volto coperto hanno fatto irruzione in una base militare ucraina nei pressi di Bahk Cisarai, un villaggio tataro a pochi chilometri dalla capitale della Crimea, Simferopoli. Sono in corso trattative con i militari ucraini della base ai quali è stato chiesto di «aderire alla Crimea indipendente».

Crimea. La leadership filorussa della Crimea conta su un forte appoggio della popolazione locale al referendum indetto nella penisola autonoma per scegliere di aderire alla Russia. «Oltre l'80 per cento degli abitanti della Crimea voteranno per l'adesione alla Russia, stando alle inchieste condotte ieri», ha dichiarato il presidente del Parlamento di Crimea, Vladimir Konstantinov. Parlando con le agenzie russe, Kostantinov ha anticipato che dopo il referendum il governo della Crimea consentirà la doppia circolazione di monete russa ed ucraina per un periodo di sei mesi, prima di lasciare in vigore solo quella ucraina: «Tuttavia gli stipendi verranno pagati in rubli ed i prezzi indicati nella moneta russa». Altri cambiamenti post-referendum sono stati annunciati dal premier, Sergey Aksenov, lingue ufficiali saranno il russo e la lingua tatara di Crimea, ha reso noto, affermando inoltre che i cittadini della penisola non saranno obbligati a rinunciare alla cittadinanza ucraina. Il 60% della popolazione locale è russa, mentre un quarto è di origine ucraina. Il 12 per cento è composto da tatari.

Tra Crimea e Kherson. Decine di uomini e donne si sono sdraiate a terra a Chonhar, un villaggio di 1500 anime al confine amministrativo tra la Crimea e la regione meridionale ucraina di Kherson, per impedire il passaggio in Ucraina delle colonne di mezzi militari senza insegne ma ritenuti russi. Lo riferisce l'agenzia Itar-Tass citando esponenti delle forze di autodifesa della Crimea, secondo i quali «si tratta di provocazione dei radicali ucraini». Secondo un rappresentante del consiglio del villaggio, citato da un giornale locale, i militari russi si sono fermati alle porte di Chonhar, minando i campi e cominciando a scavare per i pali di frontiera: gli abitanti si sono stesi a terra per protesta, issando sui tetti delle loro case le bandiere nazionali ucraine.

Italiani di Crimea. Preoccupati e allarmati, temono la guerra civile e soprattutto non vogliono diventare russi. È lo stato d'animo degli italiani di Crimea, una comunità che conta tra le 300 e le 500 persone, discendente di emigrati che arrivarono nella penisola alla fine dell'Ottocento, e poi furono vittime delle deportazioni ordinate da Stalin, che li privò del passaporto italiano.

«Siamo molto allarmati per la situazione, che è imprevedibile e molto tesa - dice all'Adnkronos da Kerch, città portuale della Crimea, Giulia Giacchetti Boico, presidente dell'associazione Cerkio, che riunisce la comunità italiana - Noi speriamo che si arrivi ad una soluzione pacifica». Figlia di deportati, nipote di emigranti arrivati da Trani che facevano i contadini e i marinai, autrice del libro «L'Olocausto sconosciuto», la Giacchetti Boico parla del referendum di domenica prossima, nel quale la popolazione, in maggioranza di origine russa, è chiamata a pronunciarsi sull'adesione alla Russia. «Per ora non si capisce se i risultati saranno legittimi o meno - spiega - Ma andremo a votare, perché bisogna esprimere la nostra visione del problema, è meglio far parlare la gente con un referendum che con un intervento armato, questa è la democrazia».

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