Che privilegio deve essere stato avere Giorgio Caproni come maestro a scuola. Ce lo racconta un testimone diretto, Stefano Mainetti, che fece le elementari negli anni 60 alla Francesco Crispi, a via Barrili, istituto dove uno dei più grandi poeti italiani del Novecento (secondo alcuni il più grande) insegnò per 22 anni. «Aveva un metodo unico, basato sullo scherzo, per stimolare l’alunno e mettere in moto la sua curiosità. Un giorno venne in classe con l’espressione preoccupata. “Il direttore mi ha chiesto per domani una relazione su Napoleone Bonaparte, ma io su Napoleone non ricordo più nulla”. Così noi bambini cercammo di aiutarlo, a casa ci impegnammo nelle ricerche, e il giorno dopo tornammo a scuola preparatissimi». C’è un libro prezioso che tutti gli insegnanti dovrebbero leggere: si intitola “Registri di classe” (a cura di Nina Quarenghi, edito da Garzanti) e documenta i registri compilati dal maestro-poeta alla Crispi e prima ancora alla Giovanni Pascoli di via Papareschi: due scuole di periferia allora, oggi proprio no. Caproni era un docente anomalo per l’epoca, che sapeva trasformare l’insegnamento in un gioco e per questo era malvisto da colleghi e superiori. «In classe c’era sempre un trenino elettrico che girava» racconta ancora Mainetti.
(Nella foto, Giorgio Caproni in classe con i suoi alunni).