Scott indossava l'uniforme di sottotenente, confezionata su misura da un celebre sarto. N'era fiero, e si vedeva. In divisa si sentiva ancora più importante e più affascinante, ma avrebbe fatto colpo anche senza. Un Apollo irresistibile: i capelli neri, imparzialmente divisi da un riga perfetta, la fronte ampia e luminosa, le sopracciglia nere della stessa intensità e dello stesso colore degli occhi, acuti e mobili. Il naso scolpito con il cesello, le labbra minute, più esangui che sanguigne, il sorriso un po' obliquo di chi invita l'interlocutore a sfidarlo, di chi, sicuro di sé, vuole disarmare colui che gli sta di fronte, più per dimostrare la sua superiorità che per irretirlo e dominarlo.
Anche Zelda abbiamo visto era bella, bellissima. Gli zigomi prominenti facevano risaltare gli occhi profondi e ironici, come la bocca, troppo carica di rossetto, socchiusa ed enigmatica, il naso appuntito e impertinente, la pelle di pesca.
Una maschietta decisa a bruciare le tappe, a farsi amare da chi ama, ma anche da chi non ama, a diventare un personaggio una protagonista del suo tempo, compagna e musa di un uomo che la capisca e la rapisca, trascinandola con sé in quella fabbrica dei sogni, ma anche di chance, che era New York.
Ma Scott non era ancora pronto. Zelda gli piaceva (e a chi non piaceva?), ma non al punto di giocare con lei la grande partita del cuore e della vita, di chiederla in moglie. Lo intrigava, e un po' lo sconcertava quel suo modo di fare, o di non fare, capriccioso e temerario, quel suo civettare, fino a metterlo in imbarazzo, con chi le parlava o l'ascoltava. O, forse, temeva di non essere corrisposto, o di non esserlo abbastanza. Se lei gli avesse detto di no o, peggio, lo avesse preso in giro? Se gli si fosse concessa, e poi negata? Se ne avesse fatto prima il suo uomo, poi il suo ostaggio o, peggio, il suo zimbello? Quale smacco per l'immenso e permaloso orgoglio di Scott?
Lui partì; poi, tornò. La scintilla divenne fiamma e il fuoco si accese e si consumò a letto. Lei, secondo la biografa Jeffrey Mayers, non era più vergine, da almeno quattro anni, e se non prese l'iniziativa, non la scoraggiò. Lui ne fu insieme contrariato e lusingato. Contrariato perché nessuna schermaglia aveva preceduto l'amplesso. Zelda si era buttata fra le sue braccia istintivamente e impetuosamente. L'aveva voluto e non s'era pentita. Lusingato perché Zelda non era una maschietta qualunque: era la più avvenente, corteggiata ragazza di Montgomery. Non solo: pendeva dalle sue labbra e lo colmava di attenzioni. Era sempre con lui. Per le strade lo esibiva come un trofeo e se ne mostrava fiera e gelosa. Guai se qualche amica gli ammiccava o gli sorrideva e guai se lui rispondeva a sguardi. Zelda, di Fitzgerald non era più invaghita: era in piena estasi amorosa. Al suo fianco, si sentiva felice. Lontano da lui, infelicissima, lo sognava a occhi aperti.
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