Ora che il “grande complotto” ha perso la fascinazione, per molti il Tetris è solo un gioco nostalgico di logica e ragionamento che – come oggi Candy Crush – ha fatto trascorrere notti insonni a tanti adolescenti e giovanissimi facendo perdere loro qualche voto a scuola o esame all’Università. Il tutto con grande sdegno e preoccupazione di madri e padri.
Eppure proprio quei genitori oggi dovranno ricredersi. Non solo il Tetris non produce assuefazione (o almeno non è del tutto provato) ma viene utilizzato – a livello sperimentale – come supporto ai pazienti con gravi disturbi da Stress Post Traumatico. La patologia più nota con il suo acronimo – PTSD - che spesso ricorre nei film sui veterani di guerra, ma che colpisce anche la maggior parte delle persone che, nella loro vita, hanno vissuto esperienze emotive choccanti.
Giocare a Tetris aiuterebbe a “cancellare”, o almeno rendere meno dolorose e ricorrenti, le “cattive memorie”, i ricordi traumatici.
È questa la conclusione cui sono giunti i ricercatori del Medical Research Council Cognition and Brain Sciences Unit, l’unità di ricerca sulle scienze cognitive e del cervello di Cambridge. I loro risultati sono stati pubblicati il primo luglio di quest’anno nella rivista Psychological Science e mostrano come un “semplice blocco cognitivo” possa ridurre la persistenza di immagini di esperienze negative. E il Tetris lavora proprio come un blocco, una diga contro il ricorrere di questi fenomeni.
In realtà la scoperta – almeno a livello di ipotesi - non è così recente. Già nel 2009 alcuni dei ricercatori, autori del più recente articolo, avevano ipotizzato l’utilizzo del Tetris nella gestione di pazienti affetti da Stress Post Traumatico. Emily Holmes, capofila del team, già allora era giunta alla conclusione che “giocare a Tetris dopo aver visto film contenenti scene particolarmente violente e traumatiche riduceva la successiva involontaria ricorrenza di queste immagini”. All’epoca valeva solo per gli incubi e l’angoscia post-cinema. Oggi, dopo cinque anni, la Holmes e i suoi collaboratori possono confermare la loro ipotesi dopo averla testata su pazienti reduci da terribili incidenti di auto o altre simili situazioni traumatiche e dolorose.
Chissà che non sia il caso di ritirar fuori il vecchio Game Boy per affogare, tra i mattoncini colorati (un tempo in bianco e nero), anche i dispiaceri di minore portata.