Biennale di Venezia, con il "Leone" maori la festa dell'arte arriva fino in Australia

La kermesse veneziana premia le neozelandesi del collettivo Mataaho per un'installazione che è «una prodezza ingegneristica» e l’Australia per la migliore partecipazione nazionale. I riconoscimenti alla carriera vanno a Nil Yalter e Anna Maria Maiolino

Biennale di Venezia, con il "Leone" maori la festa dell'arte arriva fino in Australia
di Simona Antonucci
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Domenica 21 Aprile 2024, 09:03

La prima volta di un curatore sudamericano, il brasiliano Adriano Pedrosa, la prima volta di un premio a una persona trans, l’argentina La Chola Poblete, la prima volta di un modernismo africano, asiatico, sudamericano, mediorientale, rappresentato in tutta la sua fantasia, ricchezza di espressione, libertà di contaminazioni. La prima volta di quattro Paesi (Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita di Tanzania) e di centinaia di artisti.

Una Biennale d’arte “sconfinata” (ieri 8.697 visitatori, il 5% in più rispetto al 2022), che con i suoi “Stranieri Ovunque” celebra il lontano, l’outsider, lo strano, il queer, l’indigeno, assegna i Leoni d’Oro al più lontano dei continenti, l’Oceania: l’Australia con Archie Moore per la miglior partecipazione nazionale, con il monumentale albero genealogico della First Nation, e al Mataaho Collective formato dalle artiste maori Bridget Reweti, Erena Baker, Sarah Hudson e Terri Te Tau dalla Nuova Zelanda. I Leoni alla carriera a due donne, l’artista turca Nil Yalter, pioniera del movimento femminista globale, e ad Anna Maria Maiolino, nata in Calabria ed emigrata in Brasile. Donna anche la giovane artista vincitrice del Leone d'Argento, la nigeriana Karimah Ashadu.

L’INCLUSIONE

Sotto il segno della queerness, del femminismo, dell’inclusione, la giuria (la presidente statunitense Julia Bryan-Wilson e l’indonesiana Alia Swastika, il nigeriano Chika Okeke-Agulu, l’italiana Elena Crippa e la franco-colombiana Marìa Inés Rodriguez) ha attribuito le menzioni speciali all’87enne palestinese Samia Halaby, instancabile pioniera dell'arte digitale, e, mai accaduto prima, a una persona trans, La Chola Poblete: «Spero di riuscire ad aprire altre porte in modo che altre persone come me», ha detto, «possano conquistare spazi e liberarsi dalle etichette». E, per la partecipazione nazionale, menzione speciale alla Repubblica del Kossovo, per l’installazione di Doruntina Kastrati, legata al lavoro industriale femminilizzato e all’usura del corpo delle donne lavoratrici.

Con la cerimonia della consegna dei Leoni si apre la sessantesima edizione della Biennale d’Arte, fino al 24 novembre a Venezia, con 331 artisti a comporre un percorso declinato in due nuclei, quello contemporaneo e quello storico, affiancato da 87 partecipazioni nazionali. «Un’avventura dell’anima», come l’ha definita il presidente Pietrangelo Buttafuoco, «che conduce a cercare il chiarore della luce».

Un viaggio straordinario, ha aggiunto il curatore, 59 anni di Rio de Janeiro, facendo riferimento alla sua esperienza veneziana «e spero che sia un viaggio trasformativo anche per gli artisti e per i visitatori». «La libertà sarà sempre garantita agli artisti», ha sottolineato il ministro alla Cultura Gennaro Sangiuliano, ringraziando gli artisti per «la passione, l’impegno e la dedizione che ci mettono. Stiamo costruendo il passato del futuro».

Con la consegna dei Leoni è cominciata la festa. Protagonisti i vincitori, il collettivo Maori Mataaho, sotto i flash dei fotografi, premiati per la struttura intrecciata di cinghie che attraversano una delle prime sale dell’Arsenale. Un’installazione che facendo riferimento alle tradizioni ancestrali della lavorazione dei tessuti, «con la sua culla simile a un grembo», ha spiegato la giuria, «è sia una cosmologia che un rifugio. È una prodezza ingegneristica». Toccante la storia raccontata dal padiglione australiano, Leone d’oro alla miglior partecipazione nazionale, con un gigantesco albero genealogico e documenti abbandonati in un fossato che attestano le tragedie del colonialismo. Moore ha ringraziato l'Italia «per questo grande, straordinario onore». Concludendo con un invito: «dobbiamo prenderci cura di tutte le cose viventi oggi e nel futuro».

LA SCULTURA

L’Argento all'artista nigeriana Karimah Ashadu, 39 anni, che vive ad Amburgo, per il suo video Machine Boys e la relativa scultura in ottone, Wreath, che, spiega, «stravolge le ipotesi di genere e cattura la vulnerabilità di giovani uomini provenienti dal nord agrario della Nigeria, emigrati a Lagos e finiti a bordo di mototaxi illegali». «Dedico questo Leone alla pace nel mondo, di cui abbiamo bisogno», ha commentato l’artista turca Nil Yalter, pioniera del movimento femminista globale, ringraziando il curatore Pedrosa per il riconoscimento alla carriera. Anna Maria Maiolino, 82 anni, nata in Calabria ed emigrata in Brasile, ha dedicato il suo premio alla carriera «all'arte brasiliana e sento che questa Biennale sia un atto politico, metaforico, poetico per unire gli “stranieri” ovunque siano sparpagliati». 

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