Francesco Lanzillotta, il maestro romano dirige un titolo raro al Rossini Opera Festival: «Pop o lirica, il crossover esisteva già con Stravinskij»

Il romano Francesco Lanzillotta dal 13 agosto al Rossini Opera Festival di Pesaro dirigerà l’Adelaide in Borgogna. Il cartellone parte l'11 con Eduardo e Cristina. In programma dal 12 anche Aureliano in Palmira, con la regia di Martone. "Ho iniziato con il pop, il conservatorio è arrivato dopo"

Il maestro Francesco Lanzillotta, romano, 46 anni
di Simona Antonucci
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Giovedì 10 Agosto 2023, 20:29

Da ragazzo frequentava con la stessa passione il conservatorio di Santa Cecilia, i pianobar degli alberghi e i gruppi rock, blues, pop della sua città, Roma. Ma anche quando ha orientato le sue energie e la sua carriera verso la direzione d’orchestra, si è sempre conservato “vie di fuga”, componendo musica da camera o folk, passando dalle orchestrazioni dei Lieder di Mahler alle produzioni teatrali e per il balletto, scrivendo per il cinema (i film di Paolo Genovese Nessun Messaggio in Segreteria e Viaggio in Italia) e per l’opera: a La Monnaie di Bruxelles ha appena avuto un successo internazionale con la Bastarda di cui ha creato il tessuto musicale connettivo tra i quattro titoli Tudor di Donizetti e diretto il complicato insieme.

«Sono sempre stato un onnivoro e non potrei mai focalizzarmi su un unico repertorio.

Ma soprattutto credo che si possano rialzare serrande abbassate. Anche perché chi può stabilire quale sia la cultura, relegando tutto il resto a sottocultura?», spiega Francesco Lanzillotta che il 13 al Rossini Opera Festival di Pesaro dirigerà un’opera rarissima, superando i pregiudizi su un titolo considerato fra i meno fortunati del compositore pesarese: l’Adelaide in Borgogna scritta da un Rossini giovanissimo per il Teatro Argentina di Roma nel 1817, rappresentata a Pesaro solo 3 volte.

“Adelaide in Borgogna” (regia di Arnaud Bernard, dal 13) è uno dei tre titoli del festival che apre l’11 agosto alle 20 all’Arena Vitifrigo di Pesaro (in diretta su Rai Radio 3 e alle 21.15 su Rai 5), con la nuova produzione di “Eduardo e Cristina”: Jader Bignamini dirige l’Orchestra della Rai, regia di Stefano Poda che ha firmato l’Aida all’Arena di Verona. Nel cast anche Anastasia Bartoli, figlia di Cecilia Gasdia. In programma anche “Aureliano in Palmira” (regia di Mario Martone, con il maestro George Petrou, dal 12, in diretta su Rai Radio 3), due Cantate di rarissima esecuzione, gli appuntamenti del Festival Giovane, inaugurati dal “Viaggio a Reims”, i concerti lirico-sinfonici e belcantistici e la “Petite messe solennelle” che chiude la manifestazione, il 23 agosto, con il maestro Michele Mariotti.

Adelaide in Borgogna è un titolo poco conosciuto. Ce lo presenti lei.

«Quando affronti partiture meno note, devi crederci profondamente. E io credo profondamente che Adelaide sia una delizia. Un’opera raffinata con personaggi ben definiti: arie accattivanti, un concertato coinvolgente e il rondò di Ottone elegantissimo. Certo, non ha avuto una grande fortuna e c’è voluto più di un secolo per riscoprirla. Proporla oggi è un onore».

Soprattutto in un festival così: sente la responsabilità?

«Appena arrivi a Pesaro e cominci a lavorare entri subito nel mondo del compositore e senti lo spessore di questo festival. Gli anni di ricerca, il prestigio dell’archivio e l’autorevolezza di tutta la squadra. Qui si fa Rossini come si deve fare. Certo che sento una forte responsabilità».

Come sono i suoi rapporti con i registi? Che cosa ne pensa delle polemiche legate al suo collega Veronesi che si è presentato sul podio bendato per non vedere un allestimento a lui sgradito?

«A me queste polemiche annoiano incredibilmente. Io vorrei sempre avere accanto un regista in grado di stupire. E capace di prendersi un rischio. Non mi interessa dove, come e quando sia ambientata l’opera. Se le scelte rispettano la drammaturgia, ben venga ogni forma di creatività».

Il suo percorso è sempre stato molto eclettico. Che cosa ne pensano i suoi colleghi “puristi”?

«Ma sicuramente ci sarà qualcuno che avrà da ridire. Ma io rivendico tutte le mie esperienze, dalla musica leggera al cinema. Mi hanno formato. Anche perché nella musica convivono diversi linguaggi. Da sempre. Il crossover esiste già da un po’. Pensiamo a “Mass” di Bernstein, ma anche al ragtime di Stravinskij».

Quando era direttore al Festival di Macerata ha inventato l’Opera iPad. É stato un successo con i ragazzi?

«Certo. Un quarto d’ora al giorno in diretta su Facebook raccontavamo come si costruisce un’opera. Per andare a prendere quel pubblico giovane devi essere tu ad affacciarti nei loro meccanismi. Va ricomposto il divario tra chi si occupa d’arte e chi ne fruisce».

Lei è un artista internazionale, dopo Pesaro inaugurerà il Festival Verdi, poi una nuova produzione a Torino di “La rondine”, per il centenario di Puccini, ma la sua storia familiare e musicale è tutta romana. Cosa ricorda?

«Mio padre entrò come violoncellista nell’orchestra della Rai, a Roma. Nel ‘94 chiuse, che peccato, e fondò un gruppo di musica contemporanea che si chiamava Musica d’oggi. Poi nacque la Roma Sinfonietta con cui imbastì una lunga collaborazione con Morricone. Ho cominciato a conoscere la musica in famiglia, ma mio padre non mi ha mai obbligato. E la mia strada l’ho trovata attraverso il pop. Solo dopo è arrivato il conservatorio».

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