Casini e la Dc: «Nessuna nostalgia ma la politica non cavalchi le paure»

Il senatore presenta il suoi libro a Fiumicino: «Ho un grande limite: non credo di avere la verità in tasca»

Casini e la Dc: «Nessuna nostalgia ma la politica non cavalchi le paure»
di Gianluca Carini
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Giovedì 18 Aprile 2024, 23:18

«Non vogliamo rifare la Dc e mi viene da piangere quando vedo chi la vuole ricostituire», dichiara l'"ultimo democristiano", Pier Ferdinando Casini. Una contraddizione? Niente affatto, argomenta l’ex presidente della Camera, a Fiumicino per la presentazione del suo libro "C'era una volta la politica". A ripercorrere con lui le tappe di una storia politica cominciata oltre 40 anni fa ci sono il senatore dem Filippo Sensi e il sindaco del Comune sul litorale, Mario Baccini, che scherza: «Se Casini è l'ultimo democristiano io sono il penultimo». Mentre Sensi dichiara come oggi «purtroppo non sono in molti in Senato che vale la pena ascoltare, e invece quando parla Casini l’aula si fa muta».

LE ISTITUZIONI

«Mi sono sempre sentito a mio agio più come uomo delle istituzioni che di governo», anche perché «ho un grande limite per essere un politico: non ho la convinzione di avere la verità in tasca», dichiara Casini.

Un modo di guardare le cose che attraversa le grandi questioni di oggi: come le migrazioni, che «sono un problema così importante per l'Italia e l'Europa che non possiamo permetterci di fare campagna elettorale su questo». Eppure «è quello che facciamo perennemente». 

Di fronte alle paure della società di oggi, infatti, «il politico ha due strade: cavalcarle oppure cercare di risolvere le questioni». Lo stesso vale per il tema della «criminalità: se uno ha un senso di insicurezza non sta bene, anche se poi non succede nulla quando cammina per strada». Per questo occorre «una pedagogia» della politica, anche sulle questioni internazionali che «sono oggi il punto decisivo». In Ucraina ad esempio «noi sappiamo che quella della pace è un'esigenza condivisa ma scelte impopolari possono aiutare di più che limitarsi a sventolare la bandiera della pace». Anche perché «il rischio è che si affermi un principio della forza».
E ancora, Casini si sofferma sull’esplosione dei social nella politica: «Strumenti importanti e utili» anche se «certi politici sono talmente ossessionati che mi sembra sia per loro una fuga dalla realtà». D'altronde, i «likes non si convertono in voti». Per creare un processo elettorale - «qua potrei avere una cattedra a Oxford», scherza Casini - la prima cosa da fare «è mettere insieme una rete di persone a cui legare il proprio destino, prima ancora di parlare ai cittadini». 

LE RESPONSABILITÀ

Guardando alla storia italiana, invece, finita la Prima Repubblica «la responsabilità che abbiamo avuto è stata quella di pensare una politica impostata su partiti personali. Un grandissimo errore», riconosce oggi Casini che invece continua a sostenere la necessità delle preferenze: «Io credo che una delle ragioni per cui prospera la malapolitica è che non si conosce il politico». Di fronte a questo i «governi tecnici sono come gli antibiotici: bisogna prenderli il meno possibile ma servono in alcuni casi per salvare la repubblica». Però, «se uno va a votare e il giorno dopo si ribalta il risultato elettorale, poi si perde la fiducia dell’elettore». 
Infine, 40 anni in Parlamento non possono che consegnare una fucina di aneddoti. Come quello sullo storico leader democristiano Carlo Donat-Cattin che quando alcuni esponenti della Dc si scusarono durante una presentazione per non aver letto il suo libro, rispose: «Non vi preoccupate, tanto non l'ho scritto io». Ma, aggiunge ironicamente Casini, «non vi preoccupate, non è questo il caso».

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