Angelo De Mattia
​Angelo De Mattia

Depositi in calo/I sostegni necessari con il rialzo dei tassi

di ​Angelo De Mattia
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Giovedì 13 Luglio 2023, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 23:48

Sono segnali che devono far riflettere ed agire quelli che vengono rilevati, riferiti alla fine di marzo, con un calo dei prestiti a famiglie e imprese (per queste ultime dell’1,3 per cento) e la riduzione dei depositi totali del 3,2 per cento. L’Abi correttamente precisa che non si tratta di riduzioni «preconcette» dei finanziamenti e che comunque per ora non potrebbe parlarsi di una stretta al credito. 
Lo specifico segnale tuttavia non va trascurato a maggior ragione perché si accompagna con l’accennato calo dei depositi per cui si arriva a sostenere (e potrebbero sopravvenire in merito dati oggettivi) che si impiegano i depositi per effettuare investimenti. Nelle regioni italiane appare una sintomatologia diversificata, ma il fenomeno della doppia riduzione non va sottovalutato.
Non vanno, poi, trascurate le ipotesi su di una possibile crescita dei prestiti deteriorati. Se a ciò si aggiungono i problemi del costo dei mutui - che secondo un’indagine del sindacato Fabi coinvolgono un milione di famiglie - e, in particolare, dell’impennata di quelli a tasso variabile, i cui interessi salgono fino al 70 per cento con la conseguenza dell’accentuarsi del ritardo nei rimborsi delle rate o dell’impossibilità di farvi fronte, la congiunta questione “prestiti-risparmio”, difficilmente presentatasi negli anni in questa forma, richiede una reazione adeguata. Non si deve di certo attendere che si ritiri la marea delle difficoltà - come si ripete citando una frase di Warren Buffet pronunciata per coloro che operano in Borsa, ma sarebbe valida anche in generale - per vedere chi ha nuotato nudo (e chi, bisognerebbe aggiungere, la crisi ha reso nudo). Tutto ciò mentre i salari reali (nel primo trimestre) risultano ridotti mediamente del 7,3% - la peggiore riduzione tra quelle delle principali economie - come segnala un’indagine Ocse. Il “primum movens” di questa situazione è la politica monetaria della Bce con l’incessante rincorsa all’aumento dei tassi e alla ripetizione di annunci disorientanti, come in sostanza ha sottolineato pure il presidente della Confindustria Carlo Bonomi. 


Non è in questione l’azione di contrasto dell’inflazione che è doverosa, essendo essa innanzitutto la tassa dei poveri. Certo, sarebbe stato molto meglio se si fosse agito d’anticipo, come vuole l’arte del banchiere centrale, influendo sulle aspettative: cosa che colpevolmente non è stata fatta.

Ma ora molto dipende, nell’operare, dal modo, dai tempi, dalla comunicazione, dal decidere se preferire il rischio di far poco rispetto a quello di esagerare. La cura da cavallo rischia che l’operazione riesca - ma non è affatto detto e il peggio sarebbe che addirittura fallisca - e che il paziente defunga.

Ma non si può stare fermi alle critiche; occorre auspicare che sopravvengano maggiore lucidità e preveggenza, evitando il prossimo 27 luglio, quando si riunirà il Direttivo della Bce, che venga rafforzata la stretta o, quanto meno, che si assumano impegni per ulteriori aumenti dei tassi nei prossimi mesi. Ma poi vi è la politica economica, a livello europeo e nazionale, che deve fare la propria parte, guardando anche ai diversi redditi, più in particolare ai salari e alla produttività totale dei fattori, in un raccordo con la politica monetaria nel quale non sia quest’ultima, e per essa la Germania e i Paesi cosiddetti frugali, a dettare inappellabilmente la linea. 


Quindi vi è il ruolo delle banche. L’Abi ha comunicato diverse volte quel che si può fare, tra allungamento delle scadenze e surroghe nonché altre misure contrattuali, per i mutuatari che siano in difficoltà, prima che scatti il ritardo dei pagamenti dal quale una bizzarra, irragionevole, disposizione dell’Autorità bancaria europea, l’Eba, fa scaturire, verificandosi certi presupposti, una condizione di default per il solo mancato rimborso dell’1% del costo complessivo del prestito. Bisogna allora agire, anche a livello di Governo, per superare questo “vulnus” della ragionevolezza e della stessa professionalità del banchiere. Intanto, occorre battere tutte le possibili strade per contribuire ad alleggerire il peso degli interessi su famiglie e imprese, cominciando dai mutui e mettendo insieme ciò che possono fare le banche e ciò che compete al Governo, ma anche a soggetti sociali, come, per esempio, le fondazioni. 
Un incontro tra Governo, Abi, parti sociali sarebbe importante, così come da subito è doveroso che i singoli istituti, in una logica di molto valida concorrenza, pubblicizzino le misure con le quali vengono incontro alla clientela, in particolare per i mutui. Una coerenza dei singoli comportamenti e una unica voce dei soggetti politici e sociali sono quanto mai necessarie.

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