Christian Sodano, il piano del killer di Latina (e le analogie con Turetta): scotch, buste e manette. Si fa strada la premeditazione

Trovati in uno zaino nell’auto di Cristian anche un paio di guanti e due manganelli. Volontà di rapire Desyrée o di occultarne il corpo: si fa strada la premeditazione

Cristian Sodano, il piano del killer di Latina (e le analogie con Turetta): scotch, buste e manette. Si fa strada la premeditazione
di Vittorio Buongiorno, inviato a Cisterna di Latina
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Venerdì 16 Febbraio 2024, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 08:00

Sembrava tutto chiaro, una storia agghiacciante ma senza altre zone d’ombra. Due donne uccise, madre e figlia, una fidanzata salva per puro miracolo, un assassino giovane e crudele. Ma il duplice femminicidio di Cisterna continua a riservare sorprese. Il giorno degli spari, del sangue, delle vittime, Cristian Sodano non aveva con sé solo la pistola. In via Sgambati, nel quartiere Q4 a Latina, dove il ragazzo è stato fermato dagli agenti della Squadra Mobile a casa dello zio, hanno trovato parcheggiata l’Audi A3 con cui il giovane era scappato a mille all’ora dalla villetta del duplice omicidio. L’hanno sequestrata e hanno effettuato i rilievi. Dentro, sul sedile, c’era un proiettile, evidentemente caduto dal caricatore della pistola. Ma c’era anche dell’altro. C’era uno zainetto. Nero, anonimo, uno di quelli che hanno milioni di ragazzi tra i venti e i trent’anni.

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Nello zaino

Il problema era il contenuto. Immaginate la scena. Un ufficio della Questura. Una scrivania libera su cui vengono posati uno dopo l’altro gli oggetti tirati fuori dallo zainetto per procedere alla repertazione fotografica. Sacchi di plastica formato condominio. Guanti. Nastro adesivo da pacchi. Poi sono sobbalzati. Manette del tipo in dotazione alle forze di polizia. Manganello del tipo in dotazione alle forze di polizia. Manganello telescopico. Gli investigatori si sono guardati. Nessuno ha detto nulla. Ma forse lo hanno pensato. I sacchi di plastica con cui era stato coperto il cadavere di Giulia Cecchettin quando è stato ritrovato in un canalone vicino al Lago di Barcis, in provincia di Pordenone. I guanti erano invece nel borsone sequestrato a Filippo Turetta, il giovane assassino di Giulia, quando è stato arrestato dalla polizia tedesca. Nel borsone venne trovato anche il coltello dell’omicidio. Cristian Sodano aveva invece una pistola con 17 colpi nel caricatore.
Che voleva fare con questi oggetti il maresciallo 27enne della Guardia di Finanza? Voleva rapire Desyrée Amato? Possibile. Voleva ucciderla e occultarne il cadavere? Possibile.

Se lo stanno chiedendo anche il sostituto procuratore Valerio De Luca, titolare dell’indagine, e gli investigatori della Squadra Mobile di Latina che indagano sul caso. Al momento nel decreto di fermo al reo confesso non è stata contestata la premeditazione del duplice omicidio volontario, ma non è escluso che ciò possa avvenire nei prossimi giorni, anche alla luce di questi elementi.

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La spiegazione

A dire il vero, Cristian Sodano, ha fornito una spiegazione, almeno su due oggetti più inquietanti ritrovati nello zainetto. Assistito dagli avvocati Lucio Teson e Leonardo Palombi, ha detto solo: «Sono ricordi, sono ricordi di mia madre». E qui si apre un altro fronte. La madre di Cristian Sodano era una poliziotta ed è morta nel 2016. Nell’ottobre del 2017, appena ventenne, aveva pubblicato sul suo profilo social una vecchia foto che lo ritraeva bambino insieme alla mamma. E aveva scritto: «Sono passati undici mesi da quando non ci sei più». Un post pieno di ricordi, di tristezza, pieno di quel senso di vuoto che ci prende quando ci giriamo e accanto non c’è più un genitore, una persona amata, un faro, un punto di riferimento. La fine del post suonava così: «Quelle note che prendevo a scuola, le cazzate che facevo era a te che le venivo a riferire, perché solo tu potevi capirmi».
Insomma, la donna aveva lasciato un vuoto enorme. Ma perché, si chiedono gli inquirenti, portarsi appresso manette e manganello? Perché sono ricordi o perché il giovane aveva in mente qualcosa? Pensava di poter fuggire con Desyrée ad ogni costo, accada quel che accada? Lui non l’ha detto, anzi. Ha detto che ha sparato perché è stato preso alla sprovvista dall’arrivo della madre e della sorella di Desyrée. Però quelle manette e quel manganello dicono forse dell’altro. Adesso bisognerà aspettare l’autopsia, l’esame affidato alla sezione di Medicina legale dell’Università di Tor Vergata era iniziato mercoledì ed è proseguito anche ieri, ma al termine il dottor Guidato ha chiesto al pm De Luca dell’altro tempo vista la delicatezza e la complessità del caso. L’esame riprenderà oggi. Servirà a capire non solo quanti proiettili hanno raggiunto Nicoletta Zomparelli e sua figlia Renée Amato. Desyrée ha raccontato di aver sentito prima quattro colpi, poi altri due. E lo stesso ha detto Cristian Sodano, di aver sparato prima due colpi a Renée, poi due colpi alla madre, e poi di aver sparato altre due volte, colpi di grazia sulle due donne morenti con una crudeltà infinita. All’appello mancano tre colpi, visto che il caricatore ne può contenere 17 e che sette erano ancora all’interno, mentre un altro era sul sedile.
Intanto oggi a Latina, questa mattina alle 9.30, il gip Giuseppe Cario interrogherà in carcere il 27enne maresciallo della Finanza, un interrogatorio di convalida del fermo per il duplice omicidio.

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