Rieti, Festa del sole con il Palio della tinozza: ecco come nacque l'idea delle gare sul Velino

Fulvio Fumetta, l'ideatore (al centro)
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 14 Luglio 2023, 00:10

RIETI - «Se tu rispetti lui, lui rispetterà te». È una forma di amore reciproca, tacita e viscerale, quella che lega ogni “tinozzaro” al fiume Velino. Nella settimana della Festa del Sole, quel legame ce lo racconta Augusto D’Orazi, presidente del comitato della manifestazione che più di ogni altra lega la città di Rieti al suo corso d’acqua.

La testimonianza. «Una festa con cui sono cresciuto, come ogni “burghecianu” che si rispetti.

E che non ho mai abbandonato, perché fa parte della mia vita in un modo che nessuno, dal di fuori, riesce a capire». La gara delle tinozze sul Velino venne in mente per divertimento nel 1969 a un gruppo di ragazzi del quartiere Borgo, di cui faceva parte anche l’ideatore della competizione, Renato Buccioni: «Vista la vicinanza, per noi ragazzi il fiume era a quel tempo come la piscina di oggi. Eravamo sempre sull’acqua, a divertirci e provare cose nuove». Tempi in cui su quelle rive gelide, estate e inverno e fin dalle quattro del mattino, c’erano anche tante donne reatine arrivate per sciacquare panni e lenzuola, quando le lavatrici non esistevano neppure nei sogni. Vicino a loro, ad aiutarle in questo e in altri usi domestici, c’era “lu 'ncrinaturu”, la tinozza. Fu Buccioni ad avere l’idea di utilizzarla per la navigazione, come simbolo per la sua idea di festa estiva di riscoperta del fiume. A costruirla ad hoc ci pensò Fulvio Fumetta, il bottarolo di via Porta Romana: «Le ottimizzò per gareggiare - spiega D’Orazi - fino a trovare dimensioni e forma più adatte. Ci mise un po’, considerando anche che prima c’erano più correnti e il percorso da fare per il palio era più lungo, partiva da San Francesco e arrivava fino all’attuale stadio Guidobaldi».

L'evoluzione. Con il tempo, le tinozze si sono alleggerite ulteriormente, ed oggi è ciascun rione che le produce e le decora, sempre come allora utilizzando legno di castagno, più adatto perché molto resistente. Le dimensioni invece sono rimaste le stesse, circa ottanta centimetri di diametro nella parte alta, cinquantadue in altezza. «Si inizia a salirci da bambini e non si smette mai, anche se il fisico non ti consente più di gareggiare», spiega Augusto, uno dei tinozzari più competitivi nella storia della festa. «Finora sono quello che ha vinto più di tutti. Ho iniziato nel 1984 e smesso nel 1993, poi ho ripreso a fasi alterne. Ho vinto il Palio della Tinozza 13 volte, di cui 9 consecutive. Oggi metto la mia esperienza a servizio dei più giovani, li aiuto a superare gli ostacoli». La difficoltà principale nel gestire le acque del Velino stando a bordo di un mezzo tanto rudimentale sono tante, prima tra tutte la stabilità: «Serve equilibrio e un notevole sforzo fisico, considerando che dentro si sta in ginocchio sul legno, per circa 400 metri di cui 50 controcorrente. Oggi ci si allena tutto l’anno, gli ultimi quattro mesi prima del Palio si trascorrono in acqua, quasi tutti in zona Ponte Romano. Bisogna essere molto preparati e soprattutto capire il fiume, ascoltarlo». Augusto aggiunge un’osservazione che fa riflettere, ricorda che la natura risponde alle tue esigenze solo se tu per primo rispondi alle sue: «Non siamo noi che dominiamo il Velino, è lui che domina noi. Occorre tener presenti le sue caratteristiche e le sue acque, assecondare il suo tempo. Ad esempio andare in discesa sul fiume non vuol dire per forza scendere: se la corrente lo decide, ti porta in salita lo stesso». Ma esistono ancora le rivalità tra rioni? «Un tempo c’erano quasi solo tra San Francesco e il Borgo, negli anni ‘80 e ‘90 erano invece molto forti ovunque, si arrivava anche a sabotaggi, dispetti, scommesse. Ora la cosa è andata un po’ scemando, non è più così pesante». Ma al momento della vittoria, ogni rabbia si dissolveva. «Non era la tua vittoria, ma quella dei bambini che ti correvano dietro come un idolo, delle vecchiette ti accoglievano da trionfatore. La sera si ballava e si esponeva la tinozza nel rione, si preparavano le fregnacce alla sabinese, era la gioia di tutti». Momenti che hanno sempre ripagato di tanta fatica: «Mentre gareggi la gente ti accompagna correndo sugli argini, ti incita, ti incoraggia. Poi quando vinci si buttano tutti in acqua con te ed esplode la festa». Ma non è ancora nulla: «No, perché sai che dopo aver lasciato il tuo fiume, c’è tutto il quartiere che ti sta aspettando».

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