Palazzo Malvaso, sono scintille tra Coletta e Celentano

Palazzo Malvaso, sono scintille tra Coletta e Celentano
di Andrea Apruzzese
4 Minuti di Lettura
Domenica 4 Febbraio 2024, 19:26

Scintille tra Lbc e la maggioranza del Comune sulla vicenda del palazzo di Borgo Piave, dove la società costruttrice ha ripreso i lavori.

Una questione che affonda le sue radici a dieci anni fa, con un permesso a costruire che fu emesso in vigenza delle revisioni dei Ppe approvati dalla giunta Di Giorgi, poi annullati dal commissario Giacomo Barbato, e che finirono anche sotto l'occhio della magistratura nell'indagine "Olimpia". Praticamente chiusa la vicenda penale (l'Appello dopo la condanna in primo grado di Malvaso si aprirà a febbraio, ma i reati sono prescritti), dal lato amministrativo la società ha vinto al Tar e ottenuto l'annullamento dell'ordinanza di demolizione emessa in seguito agli annullamenti dei Ppe. «Ai fini della caducazione del titolo abilitativo - avevano scritto i giudici - è necessario che l'amministrazione avvii e concluda un procedimento di annullamento di ufficio dell'atto assentivo, onde poi potere ingiungere legittimamente la demolizione». Ora, trascorsi i sei mesi senza che il Comune ricorresse in appello al Consiglio di Stato, la società ha ripreso i lavori.

«CHIEDEREMO CONTO»

«Chiederemo conto del perché non si sia deciso di impugnare la sentenza del Tar e fare ricorso al Consiglio di Stato - ha affermato l'ex sindaco, Damiano Coletta (Lbc), nel corso di una conferenza stampa tenuta ieri - quando si rappresenta la città, bisogna percorrere tutte le strade e mi sembra invece che si vada verso una convenienza politica. Ci sembra dunque legittimo chiedere conto del perché, dato che i Ppe furono annullati da Barbato».

«COME VIA ROCCAGORGA»

Dura e immediata la risposta della sindaca, Matilde Celentano, secondo cui «quando Coletta dice che la sua impressione è che la politica stia andando nella direzione della restituzione e della ricerca del consenso, finge di dimenticare che il caso di Borgo Piave è identico a quello del palazzo di via Roccagorga, dove risiede un suo familiare: in entrambe le vicende gli uffici hanno deciso di non proporre appello contro il Tar, che ha ogni volta motivato sostenendo che non si può invocare la demolizione se prima non è stato annullato il titolo edilizio.
È successo con via Roccagorga, e gli uffici dell'amministrazione Coletta non hanno impugnato, ed è successo ora con il palazzo di Borgo Piave. Anche in quel caso, l'annullamento del permesso di costruire doveva e poteva essere assunto dall'amministrazione di Lbc, ma non da quella attuale, perché i termini sono scaduti. Piuttosto, ci sarebbe da domandarsi perché durante l'amministrazione Coletta si sia deciso di non andare al Consiglio di Stato per via Roccagorga, e di andarci invece per la vicenda Corisma di via Ombrone».

«STORIE DIVERSE»

Affermazioni cui Coletta ribatte seccamente: «Nel caso di via Roccagorga c'era un Ppe valido ed efficace al momento del rilascio del titolo, dell'edificazione, e degli acquisti dei privati. Dunque, Via Roccagorga era già ultimata ed abitata al momento dell'annullamento del Ppe, e quindi, al netto di eventuali abusi, il permesso era ed è pienamente legittimo. Nel caso di via Piave, oggi ci ritroviamo un fabbricato previsto solo da un ppe annullato; forse sarebbe opportuno che l'amministrazione si pronunci ufficialmente sul presente e il futuro di quella zona».

«DOVEVATE FARLO VOI»

«Il permesso a costruire non è stato annullato - ribadisce poi l'assessore all'Urbanistica, Annalisa Muzio - cosa che poteva essere fatta semmai in autotutela durante la passata consiliatura, prima dell'emissione dell'ordinanza di demolizione, così come ribadito dal Tar. La stessa ordinanza di demolizione è stata annullata dal Tar. In secondo luogo, il permesso a costruire è ancora valido, in quanto il fabbricato, al momento del sequestro, era definito ai sensi dell'articolo 31, comma 2 della legge 47/85 e dello stesso Dpr, ed il mancato completamento è dipeso dalle indagini e dal successivo sequestro. Vicenda penale ormai definita e archiviata. Per le opere di completamento, è stata presentata una Scia ai sensi del predetto Dpr, che prevede tra l'altro il completamento della sistemazione esterna dell'area già prevista nel progetto originale. Infine, il Comune non ha impugnato davanti al Consiglio di Stato la sentenza del Tar sulla demolizione in quanto, andare in secondo grado, avrebbe significato esporre l'ente a una condanna per risarcimento dei danni, ai quali la società Piave Costruzioni ha rinunciato».
Ma la sensazione è che lo scontro sia solo all'inizio.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA