Maxi-colpo in gioielleria a Roma, scacco alla banda del buco: per i rapinatori bottino da 800mila euro

I preziosi erano stati individuati dal titolare dell'attività svaligiata in un compro oro

Maxi-colpo in gioielleria, scacco alla banda del buco: per i rapinatori bottino da 800mila euro
di Camilla Mozzetti
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Sabato 23 Marzo 2024, 22:43 - Ultimo aggiornamento: 22:44

Il colpo l’avevano studiato e ognuno, per sua competenza acquisita, si era adoperato per rendere quanto più fruttuoso quel furto da film da oltre 800 mila euro, avvenuto nella notte fra il 2 e il 3 ottobre scorso in una gioielleria di via Bocca di Leone. Non malviventi occasionati, ma “professionisti” navigati che avevano fatto dell’espressione “la banda del buco” una vera arte. Negli anni molti di loro avevano inanellato precedenti analoghi: furti in gioiellerie e giro di ricettazione con riciclaggio annesso in diversi “compra oro” della Capitale. Da ultimo, il colpo nel pieno centro storico che era stato studiato con almeno cinque “sopralluoghi” e un giro di polizze e monili piazzati poi grazie alla connivenza di almeno uno dei tre “compro oro” dove parte della refurtiva è stata riconosciuta dalla titolare della gioielleria e recuperata. Così i carabinieri della stazione San Lorenzo in Lucina, dopo mesi di indagini, hanno chiuso il cerchio: in tre - due uomini e una donna - sono finiti in carcere, un altro “sodale” ai domiciliari mentre per altri quattro indagati per ricettazione il gip Anna Maria Gavoni ha disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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Il gruppo

Colui che può essere definito la “mente” del gruppo è Massimo Albanese, classe 1958 che con l’aiuto dei fratelli Pietro e Oreste Di Seri (il primo ai domiciliari) ha studiato e messo a segno il colpo forando con arnesi e fiamma ossidrica la parete di un condominio al civico 43 di via Bocca di Leone sbucando così direttamente nell’armadio della gioielleria.

Nello specifico, come annota il gip nell’ordinanza «Albanese e Pietro Di Seri si occupavano di praticare il buco nella parete confinante e di aprire la cassaforte con la fiamma ossidrica mentre Oreste Di Seri fungeva da palo». Al loro fianco, non quella notte, ma già nelle ore seguenti al furto c’era una donna anche lei romana e anche lei costretta per decisione del gip al carcere. Si chiama Tullia Loreti, classe 1951. Secondo le indagini dei carabinieri era lei che, con la refurtiva in mano si occupava in parte dell’immissione nei “compro oro” ricevendone in cambio polizze o denaro contante o comunque la promessa di riceverne poi piccoli lingotti in oro. Ma la rete di coloro i quali hanno aiutato il gruppo era ancora più ampia. «Io ti avevo detto 20 euro al paio, come hai detto te. Se mi dici che non vuoi più così e vuoi di più, neanche ci vado» dice un uomo ad Albanese che ribatte: «No va bene, ormai l’avevo detto il prezzo, ma meno di quello non si fa niente».

 

Le indagini

La conversazione era stata captata dai militari quando il gruppo era stato identificato grazie al confronto con le immagini di alcune videocamere di zona e per questo controllato. Una conversazione in parte significativa perché rende indietro la misura del “giro” che il gruppo aveva in determinati ambienti. Il 26 ottobre dello scorso anno i carabinieri accertano poi come la Loreti fosse titolare di numerose polizze di pegno di gioielli di cui cinque accese successivamente al furto di via Bocca di Leone a cui ne seguì un’altra il 30 ottobre quando presso la sede di un’attività di via Parigi furono depositati un anello e due orecchini in oro con brillanti e diamanti per un importo di stima di 1.320 euro. Il giorno seguente le immagini di quei preziosi furono recuperate dai carabinieri e mostrate alla titolare della gioielleria del Centro che vi riconobbe come proprie tre collane di perle impegnate in una polizza del 16 ottobre per una stima di 1.875 euro e degli orecchini di forma elicoidali riconducibili, invece, alla polizza accesa il 30 ottobre. Nel corso delle indagini, la Procura ha disposto 13 perquisizioni che hanno consentito il rinvenimento di numerosi gioielli - circa 400 - in parte provento del furto alla gioielleria di via Bocca di Leone e in parte riconducibili ad altri furti per i quali sono tuttora in corso accertamenti. Non solo: a essere recuperata anche una ingente e sofisticata strumentazione tecnica, chiavi rudimentali autocostruite e diverse centinaia di chiavi da duplicare (grezze), attrezzatura idonea alla fedele riproduzione di qualsiasi tipo di chiave cilindro europeo incluso, fiamme ossidriche, “piedi di porco”, endoscopio auricolare Wi-fi (telecamera di piccole dimensioni utilizzata per ispezionare l’interno delle serrature), 15 mila euro in contanti, ventose di grosse dimensioni perfette per trasportare pesanti lastre di cristallo e parte dell’abbigliamento indossato durante i sopralluoghi e il furto nella gioielleria di via Bocca di Leone. 

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