Videosorveglianza “cieca” di notte per 36 km

Videosorveglianza “cieca” di notte per 36 km
3 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Ottobre 2014, 05:56
LE FALLE
FIUMICINO Trentasei chilometri di perimetro privo di videosorveglianza a infrarossi e, per questo vulnerabile di notte. Un esercito di circa seimila persone, forze dell'ordine escluse, che opera in pista e che è potenzialmente complice di piani di immigrazione clandestina. Sono questi i due buchi neri dell'aeroporto-groviera, permeabile all'ingresso non autorizzato su suolo nazionale.
Il caso dei trentacinque algerini riusciti a svanire nel nulla dopo essere atterrati al “Leonardo da Vinci” sulla rotta Algeri-Istanbul, riaccende i riflettori sulla fallibilità dei sistemi di controllo dei passeggeri. Passare attraverso i gate e oltre i controlli di frontiera, anche se si è viaggiatori in transito verso destinazioni Schengen e quindi comunitarie, sembra impossibile. Lo garantiscono la Polizia di Frontiera, la società “Aeroporti di Roma” responsabile dell'infrastruttura e, soprattutto, la pratica quotidiana. I “corridoi”, infatti, sono distinti e separati: i passeggeri Ue possono muoversi liberamente, senza controllo passaporti, ma gli altri, per provenienza e per destinazione, sono incanalati verso il desk documenti.
I PUNTI DEBOLI
Le porte di comunicazione tra rampa e aerostazione, sono state allarmate e collegate con la Sala operativa dopo casi di persone riuscite ad entrare in pista senza controllo. Clamoroso quello dell'aprile di dieci anni fa quando un folle d'origine francese riuscì a intrufolarsi fino a salire su un Boeing 737 AirOne diretto a Palermo. Venne scoperto solo perché pretendeva di far scendere tutti i passeggeri ritenendosi Napoleone e quindi titolato al volo esclusivo.
«La falla del sistema è sulla pista e, necessariamente, deve contare su complicità di operatori aeroportuali: se da Fiumicino riescono a passare fiumi di droga, non è più difficile trafficare in esseri umani». A parlare è Piero Fierro, oggi portavoce del gruppo “Cittadini contro le mafie” ma con un passato da agente pluridecorato della polizia di frontiera proprio al “Leonardo da Vinci”. Prima di recenti operazioni che hanno portato all'arresto di poliziotti e finanzieri dediti al traffico di stupefacenti, già una dozzina di anni fa Fierro ed altri colleghi avevano indagato su complicità e omissioni interne allo scalo.
LA RECINZIONE
Sono i numeri e la situazione infrastrutturale dell'aeroporto ad accendere luci inquietanti sulla permeabilità all'immigrazione incontrollata di sconosciuti. A muoversi quotidianamente sulla pista sono più di seimila persone, addetti alle forze dell'ordine esclusi. Sono sette, infatti, le società di handler che curano i servizi di rampa e di bordo, con un organico complessivo di circa cinquemila addetti. Tutti sono certificati ovvero soggetti a controllo di sicurezza e il loro stipendio varia da 700 euro, per un part-time a tempo determinato, a 1.200 euro per chi ha dieci anni di anzianità. «Sbarcare e ottenere una pettorina di addetto allo scalo per sfuggire alla vista, raggiungere un posto sicuro tra i locali tecnici e aspettare la notte per scavalcare la rete, significa poter contare su complicità magari ben pagate» suggerisce Fierro.
La rete di recinzione è l'altro anello debole della catena. Il perimetro aeroportuale è di 36 km. Pochi tratti sono sorvegliati da un sistema video e, soprattutto, non da cam a definizione notturna. Il sistema Phantom proposto un decennio fa per mettere in sicurezza l'area perimetrale, non è mai stato finanziato. E la fuga nei campi è la via più breve per passare dalla clandestinità alla libertà su suolo italiano.
Giulio Mancini
© RIPRODUZIONE RISERVATA