Fiumicino, il giallo degli algerini spariti

di Paolo Graldi
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Sabato 4 Ottobre 2014, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 00:16
Insomma, c’ da allarmarsi o no? Si deve temere anche da noi, a Roma, capitale della cristianit, e pi in generale in Italia, Paese tra i pi direttamente minacciati dall’Isis, qualche lampo di guerriglia jihadista?



Le risposte a queste semplici domande sono sfumate, sfuggenti, cerchiobottiste. Si dice: il pericolo c’è, è reale, inutile negarlo o, peggio, sottovalutarlo ma è un pericolo virtuale, impalpabile, improbabile nella sua potenziale probabilità.



L’interprete autorizzato del linguaggio felpato delle fonti aperte degli 007, autorizzati a qualche scambio di idee con l’esterno, traduce con nettezza: tranquilli, non scambiamo le ombre per fatti, la paura per atti compiuti. Per aggiungere, non si sa mai, che la “sicurezza assoluta”, in questa materia, non esiste ed è impossibile da raggiungere. Insomma, il rischio di attentati dei “martiri” del Califfo esiste o no?



La risposta è in altalena tra il diplomatico e l’aeriforme: gli apparati di sicurezza sono impegnati in un’azione di osservazione, di filtraggio dei rischi. E ancora: la cooperazione tra le diverse polizie, dei servizi e di questi con aree amiche ma scontrose anche in un recente passato (Usa?) da dove qualche ruggine è stata rimossa in nome di più cogenti obiettivi comuni, la cooperazione, dunque, sembra funzionare. Niente che possa superare le barriere del severo segreto imposto dalle circostanze.



La decisione strategica di tenere a bada la montante propaganda sul web (un mare di messaggi e di coinvolgenti suggestioni verso chi guarda con simpatia alla Guerra Santa contro gli Infedeli) che non si nutre solo dei macabri riti delle decapitazioni degli ostaggi e dei prigionieri (donne comprese) ma anche di “documentari” montati ad arte nei quali si inneggia trionfalmente ai risultati dei reclutamenti sotto la bandiera nera del Califfo iracheno.



Cittadini stranieri naturalizzati italiani, integrati nella nostra realtà, che prendono la via del ritorno alla patria d’origine, per combattere e poi, magari, decidono, in proprio o in seno a qualche cellula meglio strutturata, di “esportare” il verbo guerresco degli iman sanguinari. La scoperta dell’altro ieri, svelata su queste pagine, di una temibile falla allo scalo internazionale di Fiumicino solleva interrogativi inquietanti e, questa sì, desta preoccupazione.



Si sa che almeno 35 algerini (in Algeria la Jihiad ha una solidissima tradizione di inaudite violenze) sono sbarcati al “Leonardo da Vinci” e si sono volatilizzati: erano su un volo Algeri-Istanbul con scalo a Roma. Hanno lasciato l’aereo e sono scappati. Altri sono stati visti indossare in gran fretta divise uguali a quelle degli operatori dello scalo, lasciando temere complicità in loco.



Il numero dei fantasmi algerini, secondo una stima degli esperti, è ben più alto: può nascondere semplici aspiranti clandestini o, peggio, sinceri malintenzionati. Un rapporto richiesto dal capo della polizia Alessandro Pansa viene stilato, con urgenza, in queste ore e, prima che il Consiglio dei ministri esamini la questione si affronterà anche la parte penale della complessa materia che prevede pene severe ai reclutatori ma anche verso chi agisce in proprio.



L’Europa dovrebbe darci una mano, la promessa strappata da Alfano agli incontri dell’Aja dove si sono visti i capi di tutte le polizie del continente in ambito Europol. È in quella sede che il focus ha riguardato il monitoraggio degli elementi a rischio con attenzione al proselitismo e in specie ai cosiddetti “foreign fighter”, quei soggetti che vanno a combattere nei territori di guerra e poi, sedotti dal reducismo, tornano da noi con l’idea di far danni. Soggetti altamente pericolosi, addestrati, determinati, fanatizzati, capaci anche di immolarsi pur di raggiungere i premi celesti promessi ai martiri.



Su questo terreno, aggravandosi la situazione sul quadrante di guerra, si dispiega l’azione delle polizie e dell’intelligence con il contributo di esperti in arabo, anello finora debole nelle infiltrazioni in campo nemico. L’ombrello che ci protegge sembra di buona stoffa. Ma speriamo tanto che non piova.